Nell’incontro e nel confronto si cresce nella reciproca conoscenza

Lettera diocesana 2024/01

Mi fa molto piacere poter riferire la mia esperienza di comunicazione, apprendimento e scambio, con i visitatori del Museo della Padova Ebraica, dove sono volontaria da otto anni.

Questo impegno mi spinge al continuo studio e approfondimento della cultura cui appartengo e di cui non riuscirò a sapere mai tutto ciò che vorrei o dovrei sapere. D’altro canto, lo studio e l’approfondimento dei libri Sacri è proprio una caratteristica della cultura ebraica: faccio il mio dovere di ebrea.

Il contatto settimanale con i visitatori, in maggioranza cristiani, mi ha insegnato molto. Che cosa sanno della cultura ebraica? Cosa penso sia importante far loro sapere? Come posso non banalizzare la sacralità del Tempio e delle cerimonie che ivi si tengono?

Gli aspetti architettonici sono importanti e dicono molto anche della cultura: la struttura della Sinagoga, l’Armadio sacro (Aron ha Kodesh), la Bimà, il luogo da cui si legge la Torah, Il matroneo, da cui preghiamo noi donne. Ma è il vivere la Sinagoga come luogo di immensa spiritualità e contatto con la presenta di Dio che mi sembra essere il momento più importante del mio scambio.

I visitatori sono ovviamente diversi uno dall’altro. Quando arrivano alcuni mostrano quasi un timore reverenziale per il luogo, agli uomini faccio indossare la kippah: ed ecco la prima differenza che sottolineano. I cristiani si levano il cappello entrando in Chiesa per rispetto. Gli uomini ebrei la indossano per rispetto del Signore per ricordare che c’è sempre qualcuno sopra di noi.

Proseguendo, ciò che mi sembra interessare maggiormente i visitatori cristiani è la mancanza di “sacramenti”, in primis la confessione. Rimangono colpiti dal ruolo del rabbino – il nostro capo religioso – che pensano essere simile a un sacerdote, al punto da meravigliarsi che debba essere sposato.

A questo si lega la scoperta delle origini ebraiche del cristianesimo: per moltissimi la rivelazione che l’ultima cena era quella della Pasqua ebraica (Pesach) è quasi uno shock. Pian piano, tuttavia, si arriva a ricostruire la storia e dunque a capire, ci si confronta e questo aspetto è molto interessante per tutti.

Spesso il desiderio dei nostri ospiti di trovare connessioni legami e somiglianze è così intenso che chiedono se il bar/bat mitzvà (la cerimonia per la maggiore età religiosa dei ragazzi) è come la cresima, oppure se la circoncisione è come il battesimo.

Si potrebbe continuare ancora per molto ma penso che questi pochi temi che ho affrontato siano sufficienti a dare un quadro di quanto succede. Il confronto è continuo e ricco. Imparo molto e spero di dare altrettanto.

Antonella Ortis, componente comunità ebraica e volontaria al Museo della Padova ebraica