CENTO DOMENICHE
di Antonio Albanese
drammatico, 94min
Italia del Nord, Antonio Riva è un operaio specializzato ormai in pensione, che continua ad arrotondare le sue entrare con lavoretti saltuari. Dopo la separazione con la moglie, vive insieme all’anziana madre Sara. Quando Antonio viene a sapere che la sua unica figlia, Emilia, ha deciso di sposarsi, si adopera per regalarle il matrimonio dei sogni. S’informa pertanto presso il suo istituto bancario e scopre che i suoi risparmi sono stati investiti non in obbligazioni – come credeva lui – bensì in azioni. Il direttore della filiale lo esorta a non svincolarli e gli propone di prendere un prestito di 30 mila euro per le spese del matrimonio. Antonio si fida della banca, dove è correntista da una vita. Pochi giorni dopo scopre però che l’istituto è nella bufera…
Al di là della maschera comica, nella filmografia di Antonio Albanese c’è sempre stato un filo rosso tematico segnato dall’impegno civile e dall’attenzione agli ultimi della scala sociale. Con Cento domenicheAlbanese si misura ancora una volta con una ferita sociale, una storia di sofferenza e ingiustizia, che affonda le radici nella cronaca, nella recente storia del nostro Paese. Ha rielaborato gli avvenimenti legati al crac delle banche popolari, divampato nel 2015, raccontando quegli eventi – sfumati ovviamente da riferimenti puntuali – dalla prospettiva di uno dei tanti correntisti che hanno perso tutti i loro beni, i risparmi di una vita di lavoro. Un film denso di sofferenza e di dolente indignazione, che si muove con sicurezza nel perimetro del cinema di impegno civile abitato da tempo da Ken Loach, dei fratelli Dardenne e da Stéphane Brizé.
«Quello che Antonio subisce – racconta Albanese – è un tradimento. In quella provincia operosa dove è cresciuto, della banca del paese ci si è sempre fidati. Per tutti la banca è sempre stata il confessionale: conosce vita, morte e miracoli di tutta quella comunità. Ne ha accompagnato la crescita, finanziato il desiderio legittimo di avere una casa propria. Per questo, alla scoperta del raggiro, la prima reazione di Antonio è di incredulità. Poi subentra lo smarrimento e l’angoscia di chi è stato tradito proprio da chi si fidava, la vergogna di non aver intuito quanto stava accadendo». L’opera prima di Albanese colpisce e lascia il segno. Anzitutto per la stringente attualità del tema e per l’attenzione, lo sguardo, rivolto alle persone normali, quelli fuori dal palazzo. I semplici correntisti, che finiscono per essere l’ultimo anello della catena dei risarcimenti. Albanese interpreta, dirige e scrive – insieme a Piero Guerrera – la storia di uno di loro, uno dei tanti, che è finito nelle secche della povertà per una crisi bancaria di cui non era stato avvertito, vittima di omissioni e mezze verità. Albanese picchia duro, urla la disperazione sociale di uno, di tanti, che per troppa ingenuità si è rimesso a consigli sventurati. La narrazione corre veloce, intensa, dolente. La traiettoria del personaggio è chiara sin da subito, dall’esplosione del dramma: il protagonista oltre allo smarrimento per aver perso tutto, alla frustrazione per l’impossibilità di provvedere al matrimonio della figlia, matura un crescente senso di colpa, di vergogna. Albanese regista governa il racconto in maniera sicura e vigorosa per la gran parte del film, sul finale però sembra perdere il controllo delle tante, troppe, emozioni in campo, sterzando repentinamente in una direzione che non lascia spazio alla condivisione. Per dare forma alla sofferenza, consegna infatti il film alla vertigine della disperazione. Cento domeniche è un film complesso, problematico, per dibattiti; adatto per la programmazione ordinaria e per successive occasioni di dibattito. Per la delicatezza dei temi in campo, è indicato per un pubblico adulto (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della Cei).