Da leggere e da vedere 2024/03

Lettera diocesana 2024/03

Da leggere 2024/03

UN TEMPO PER PIANTARE E UN TEMPO PER SRADICARE

Tomáš Halík, Un tempo per piantare e un tempo per sradicare. Quaresima e Pasqua di un’epoca inquieta, Vita e Pensiero, 2024, pp. 216, 16,00 euro

Come già per l’avvento e il Natale, Tomáš Halík ci propone per la Quaresima e la Pasqua le sue riflessioni scandite dal tempo liturgico, dal Mercoledì delle Ceneri fino alla Pentecoste. Spunti e pensieri nati nel periodo pasquale del 2020, quando tutto il mondo era piegato dalla pandemia. Ma, ancora una volta, il teologo praghese ci invita a un cambio di prospettiva. E così la Quaresima del confinamento e delle chiese vuote diventa la «meravigliosa primavera» che ci spinge a ripensare qual è nel profondo, per noi cristiani, il mistero della Pasqua: qualcosa deve morire, anche nella Chiesa, anche nella nostra fede adagiata nelle consuetudini, perché possa avvenire la risurrezione, la profonda trasformazione che apre al futuro. Qualcosa deve essere sradicato, come ci ricorda il brano del Qoelet posto all’inizio di questo libro, perché si possa piantare il seme di un cristianesimo che conosce e cura la «passione continua» nelle ferite del mondo e vive dinamicamente la «risurrezione continua» nel proprio tempo e nella propria storia.

 L’autore. Tomáš Halík è nato a Praga e dopo gli studi in filosofia, sociologia e psicologia in patria, e di teologia prima clandestinamente nella sua città e poi a Roma, viene espulso dall’insegnamento universitario e perseguitato come nemico del regime comunista cecoslovacco. Ordinato prete nel 1978, è stato un esponente della “Chiesa sotterranea” e in seguito uno dei collaboratori e consiglieri più stretti del presidente Václav Havel. Oggi insegna sociologia all’Università Carlo di Praga.


VENIRE ALLA LUCE

Paolo Scquizzato, Venire alla Luce. Riflessioni per un tempo di crisi, Gabrielli Editori, 2024, pp. 144, 16,00 euro

Anche le parole dette, o non dette, contribuiscono a portarci alla luce. Anche le parole hanno a che fare con il processo di crescita ed evoluzione umana. Le parole possono costruire, edificare, costruire relazioni. E di contro possono ferire, distruggere. Quelle che abitano questo libro sono parole che vorrebbero gettare luce negli ambiti legati particolarmente alla fatica del vivere, della crisi, del male e dell’ombra. Un libro-bussola che indica la posizione, per non smarrirsi e per capire che cosa significa essere “umani”, che cosa rende una vita “umana”. Da A di amicizia a V di vuoto, passando per cura, perdono, silenzio e tante altre, si aprono riflessioni delicate e ampie, stati esistenziali, in dialogo con numerosi autori e autrici tra i più cari a don Paolo Scquizzato. Un libro che desidera accompagnare il risveglio della parte più autentica presente in ogni persona, il prendersi cura della propria vita e far fiorire il “vero Sé”.

L’autore. Paolo Scquizzato, presbitero, è docente di antropologia teologica presso l’Università Cattolica. Si occupa di formazione spirituale. Conduce gruppi di meditazione silenziosa ed è guida biblica in Palestina. È fondatore dell’Associazione Scuola diffusa del silenzio con lo scopo di promuovere la meditazione silenziosa e di proporre percorsi di spiritualità in dialogo con la cultura contemporanea.


Da vedere 2024/03

IL VENTO SOFFIA DOVE VUOLE

di Marco Righi
allegorico, drammatico – 1h 48min

Appennino tosco-emiliano, oggi. Tempo di Quaresima. Antimo è un ventenne che lavora nella fattoria del padre; in casa con loro c’è anche la sorella minore Marta. La loro quotidianità fatica a trovare un equilibrio dopo la morte della madre. Antimo è un ex seminarista, che ha preferito in ultimo una vita laica, fidanzandosi con Miriam. Le sue giornate scorrono lente, meditative, alternando il lavoro tra la stalla e la frequentazione della parrocchia. Un giorno incontra il fattore Lazzaro, cui confida il suo vissuto; l’uomo, più grande di lui, è una persona umile e semplice, che manifesta una curiosità sincera verso la preghiera di cui parla Antimo, aprendo così alla possibilità di avvicinarsi alla fede…

“Il vento soffia dove vuole” è il titolo del secondo lungometraggio di Marco Righi, autore emiliano che ha esordito nel 2010 con “I giorni della vendemmia”. L’opera si muove su un binario di matrice sociale, il racconto della provincia italiana tra inquietudini, rapporto con la natura e incertezze sul domani. Oltre a esplorare la dimensione del reale, il film si direziona anche su un sentiero simbolico, dai ricorrenti rimandi religiosi. “Il vento soffia dove vuole” è un’opera, infatti, che prova a esplorare i territori del mistero, lanciando qua e là suggestioni di carattere parabolico.

È una storia di fantasia che esplora temi sacri. Attraverso le vicende di Antimo e dei personaggi che lo circondano, lo spettatore si trova di fronte a un evento misterioso e a una scelta radicale, che deve interpretare secondo la propria sensibilità. L’opera di Marco Righi, sin dalla scelta del titolo che richiama un verso del Vangelo di Giovanni (Cfr. Gv 3,8), l’incontro tra Gesù e Nicodemo, evidenzia un desiderio di confronto con la dimensione della fede e del mistero; un interrogarsi profondamente umano, tra quesiti dell’animo e al contempo fermenti di contestazione verso le risposte dell’istituzione. Nelle pieghe della storia. Antimo è un ventenne solitario, che custodisce una forte fede e al contempo un dolore bruciante, determinato dall’inspiegabile morte materna; una lacerazione nella sua vita che non trova conforto. Affronta le giornate con disciplina, con desiderio di aderenza al Vangelo, tra momenti di preghiera, regolare partecipazione in parrocchia tra messa, via crucis o confessione con il parroco don Duilio. Ancora, a rafforzare tali richiami religiosi un simbolismo marcato, come quando Antimo decide di cibarsi di pane intinto nel vino rosso. Un vivere che dovrebbe aprire alla pienezza, alla serenità, ma che invece presenta squarci di sofferenza. Antimo sembra trovare nuovo scopo nell’aiutare il fattore Lazzaro, nell’alimentare il suo discernimento sino ad accostarlo alla soglia della fede: il giovane ex seminarista, animato da desiderio testimoniale, si spinge addirittura a battezzare Lazzaro sulle sponde del fiume, sequenza che rivela nuovamente rimandi tematici e simbolici molto precisi. Alla visione del film “Il vento soffia dove vuole” ci si domanda quale sia la traiettoria che intende seguire il regista. In primis, sembra volersi posizionare in un perimetro molto chiaro del cinema d’autore con richiami allo sguardo visivo-narrativo di Ermanno Olmi e dei contemporanei Alice Rohrwacher, Giovanni Columbu e Michelangelo Frammartino: un cinema che indaga il presente e le sue fratture, tra sguardi introspettivi e slanci di poesia visiva, tratteggiando un legame tra uomo, natura e Mistero. A ben vedere, però, il regista rischia anche di sovraccaricare il racconto di riferimenti parabolici e di simboli che non trovano sempre chiara aderenza e coerenza. Nelle sequenze finali, poi, Righi indirizza il personaggio di Antimo in una salita al Golgota, ma dal senso totalmente capovolto: non un dare la vita per l’altro, per una salvezza misericordiosa, bensì un lasciarsi trascinare dalla vertigine del mal di vivere. Una scelta che non può essere accettata o accostata alla dimensione della fede. Pertanto, al di là di alcune soluzioni narrative non sempre efficaci e condivisibili, con rischi anche di confusi sbandamenti di senso, si riconosce comunque all’autore uno stile di racconto acuto e interessante, marcato da eleganza visiva; a corroborare il suo lavoro interpreti misurati. Film complesso, problematico (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della Cei).