Non corsi, ma percorsi di vita e di fede

Lettera diocesana 2019/02

A un primo sguardo, l’accompagnamento delle coppie al matrimonio, ci mette di fronte a un quadro non certo esaltante in cui sono rappresentate, in modo esemplare, le contraddizioni dell’epoca e della fetta di mondo in cui, come Chiesa, siamo chiamati ad annunciare il Vangelo. Alla comunità cristiana, ancora identificata principalmente nel parroco, si presentano, infatti, coppie di fidanzati (usiamo per comodità questo termine desueto ma se l’alternativa è chiamarli nubendi…), che stanno vivendo l’esperienza dell’amore, l’esperienza più bella e coinvolgente della vita. Un’esperienza che li sta mettendo in crisi, cioè li sta chiamando a riformulare totalmente la propria vita per fare i conti con una presenza altra rispetto alla propria persona. Un momento straordinario quindi! Allo stesso tempo, queste persone bussano alla porta della Chiesa per celebrare qualcosa che spesso non conoscono o della quale hanno una percezione sfumata e, a volte, anche distorta. A questo si aggiunge poi, la sensazione di dover adempiere a un obbligo burocratico senza il quale non potrebbero essere celebrate le nozze già da tempo fissate in agenda. L’esperienza dei percorsi di accompagnamento al matrimonio ha fatto maturare la necessità, per una Chiesa che annuncia, di abitare questa contraddizione dando spazio alla domanda veramente importante che accomuna tutte le coppie: cosa dobbiamo fare per avere una vita buona, un amore di qualità che possa durare per tutta la nostra vita? Come far funzionare la nostra relazione di coppia e di famiglia? Una domanda estremamente umana, laica, non direttamente religiosa, sincera e onesta che i fidanzati rivolgono a chi incontrano nel corso della vita e, forse con fede elementare, consegnano anche alle nostre comunità cristiane.

Negli ultimi anni l’accompagnamento dei fidanzati al matrimonio ha fatto maturare alcune acquisizioni che possiamo riassumere in questi passaggi: da “corso di preparazione” a “percorso di vita e di fede”, superando l’obiettivo limitante della preparazione a un sacramento a favore di un più ampio progetto di riscoperta adulta della fede in ottica matrimoniale. Dalla collezione di relatori esterni al coinvolgimento degli accompagnatori in équipe, per offrire non lezioni o conoscenze ma testimonianze semplici e concrete delle scelte per seguire il Vangelo nella vita da sposi. Dal ciclo di lezioni al metodo narrativo/laboratoriale, perché il vissuto è il luogo dell’esperienza e dunque dell’incontro vitale con il Signore. Dalla cerimonia religiosa alla celebrazione del rito, perché esso pone segni e parole che fanno del giorno delle nozze l’inizio di un cammino di vita insieme nel matrimonio, fornendo spunti e suggerimenti che possono guidare tutto il percorso di preparazione.

Sul piano delle prospettive per il futuro emergono alcune istanze interessanti: da un lato la cura della qualità dei percorsi di preparazione al matrimonio, offrendo proposte significative per la vita dei fidanzati. Dall’altro riavviare la relazione tra la coppia e la comunità cristiana di riferimento, promuovendo, ad esempio, l’accompagnamento nel periodo di vita successivo alla celebrazione del matrimonio. Questa specifica richiesta ricorre spesso nelle verifiche fatte dai fidanzati al termine del percorso di preparazione al matrimonio. Sebbene poi al desiderio espresso non segua una piena adesione, si tratta di un’opportunità da non perdere per riallacciare i fili di una relazione altrimenti destinata a esaurirsi o, nei casi migliori, a riattivarsi qualche anno più tardi col battesimo o con l’iniziazione cristiana dei figli.

Paolo Arcolin e Roberta Gallato, incaricati diocesani per l’Ufficio di Pastorale della Famiglia