La Parola di Dio nella catechesi

Lettera diocesana 04/2018

Fare catechesi non è insegnare regole, idee, comportamenti, ma incontrare Gesù. Come ci ricorda il Documento Base Il rinnovamento della Catechesi al n° 38:

La missione di chi fa catechesi a nome della Chiesa è di farsi mediatore tra Dio e l’uomo, per facilitarne l’incontro e la risposta, educando al «pensiero di Cristo, a vedere la storia come lui, a giudicare la vita come lui, a scegliere ed amare come lui, a sperare come insegna lui, a vivere in lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo».

Proprio per questo motivo la Parola di Dio è l’anima e libro della catechesi. Né va mai dimenticato che, continua Il Rinnovamento della Catechesi, «la Scrittura deve essere letta e interpretata con l’aiuto dello Spirito Santo che l’ha ispirata e fa ancora risuonare la viva voce del Vangelo nella Chiesa». Il risultato da raggiungere, ponendo la Bibbia al centro di un cammino di iniziazione, dovrebbe essere quello di «impregnarsi del suo linguaggio e del suo spirito… in modo da presentare la fede cristiana come ascolto della Parola – risposta ad essa».

La Bibbia è il punto di partenza, lo strumento dell’annuncio, la guida alla lettura della storia, la presenza normativa di Dio nella nostra vita che vale più di ogni altro testo, sussidio, quaderno attivo! Essa deve condurci anche a costruire e a cogliere l’oggi della salvezza. Esiste infatti una Bibbia scritta da cui partire per far nascere la fede, ma esiste anche una Bibbia da vivere. In altre parole, la narrazione della salvezza, iniziata con la lettura della Bibbia, deve proseguire, passando attraverso la catechesi e la celebrazione, per raggiungere la nostra vita di oggi, dove succedono le stesse meraviglie di Dio e dove i credenti continuano la loro sequela di Cristo nel quotidiano. L’avvenimento biblico (creazione, alleanza, miracoli…) non è null’altro che un indicatore di fatti ed esperienze già presenti nella nostra vita e che occorre, con la Bibbia in mano, imparare a riconoscere, e a rendere grazie, da cui partire per nuove esperienze credenti.

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Usare i segni per capire la Bibbia

Nella Bibbia Dio parla attraverso i segni e le cose. A parte quelli straordinari, di cui il linguaggio biblico si serve per dire la presenza di Dio, come i tuoni, il vento, il terremoto, il fuoco… C’è un’area di segni più comuni e di cose quotidiane attraverso cui Dio segnala la sua presenza: per esempio l’unzione con l’olio per indicare la consacrazione da parte di Dio a un servizio nella comunità, l’acqua per distruggere e per dare la vita, il sangue per esprimere la vita stessa dell’essere vivente.

Dobbiamo dunque aiutare i ragazzi e gli adulti a leggere il significato biblico dei segni, affinché quando li incontrano leggendo la Bibbia siano aiutati a coglierli nel loro pieno significato di salvezza. Possiamo farci un elenco di segni biblici, i più diffusi, e utilizzarli al momento opportuno: acqua, olio, seme, pastore, croce, libro, sabbia di deserto, pane e vino, bastone, arcobaleno, sale, lampada accesa; oppure, imposizione delle mani per benedire, posizioni del corpo per dire diversi atteggiamenti di fronte a Dio, alcuni movimenti delle membra per significare adorazione, sottomissione, cammino.

Avviene così del resto, anche nella loro vita. Basta spesso un certo modo di vestire, un gesto, un oggetto regalato per comunicare qualcosa di ben preciso, per esprimere realtà e sentimenti molto meglio che attraverso le parole. È il significativo linguaggio delle cose, quello dei gesti. Anche la Bibbia fa così: non è un libro di filosofia, ma un libro di cose concrete, di esperienze vissute, di gesti personali.

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Vivere esperienze significative per sintonizzarsi con la Bibbia

Molte volte la comunicazione nella Bibbia avviene attraverso fatti ed esperienze. Dio parla all’uomo attraverso la vita concreta e quotidiana.

Anche oggi, nella nostra vita cristiana, molti atteggiamenti e comportamenti si imparano facendo: ad esempio è partecipandovi in un certo modo che la messa diventa comunione con Dio; è celebrandola con certi gesti e segni che fa «passare» la presenza misteriosa di Dio. Così si impara che la messa è celebrata da tutti insieme, quando i ragazzi hanno un compito da svolgere e c’è una partecipazione attiva da parte di molti. Così pure si impara che Dio è Padre incontrando un/una catechista o un prete che si comporta con affetto, dedizione e interesse nei confronti dei ragazzi.

Nella Bibbia le esperienze non sono mai azioni qualunque, ma sono gesti qualificati: la liberazione degli schiavi, l’amore tra due sposi, il cammino nel deserto, i pasti di fraternità, le esperienze di guarigione o di perdono.

Così nella catechesi occorre riflettere su alcune esperienze di vita più significative in cui coinvolgere i ragazzi, facendo riecheggiare in esse la Parola biblica, facendo toccare con mano che proprio lì avviene l’incontro con il Dio di Gesù Cristo.

Facendo così si aiutano i ragazzi, ma anche i loro genitori, a incontrarsi con Dio nei fatti quotidiani, non solo nei momenti di preghiera o nella messa. Vivere in profondità le esperienze quotidiane li aiuta a penetrarle e a cogliervi la presenza e l’appello di Dio.

Per tutto questo i catechisti sono chiamati a conoscere la Bibbia, ad avere una lettura frequente e orante delle Scritture. Senza diventare esperti biblisti, a tutti è concesso di conoscere di più la Parola di Dio e a innamorarsene.

don Giorgio Bezze, direttore Ufficio diocesano per l’Annuncio e la Catechesi