Vogliamo essere fecondi! Ma non stiamo parlando (per il momento) di passeggini e pannolini! Certo quello è un sogno che portiamo nel cuore. Nel nostro tempo di fidanzamento questo piccolo semino ha trovato radice dentro di noi… essere fecondi! Una fecondità che ha bisogno di terreno capace di accogliere e concime capace di far crescere i germogli di bene che poi si trasformeranno in frutti!
Ma cosa vuol dire essere fecondi allora?
Sebbene in modi diversi, uno più sognatore, l’altra più razionale e obiettiva, abbiamo scoperto che l’apertura all’altro nelle due direzioni (ricevere e dare) è uno dei migliori alimenti per far vivere e rendere feconda la coppia, o per lo meno la nostra…
Il nostro aprirci agli altri è innanzitutto cercare di avere un cuore capace di ascolto, in primo luogo tra noi, un cuore che non dia per scontato o si carichi di tanti orgogli che tendono a chiudere e portare all’incomprensione. Ci siamo scoperti (e ci stiamo scoprendo) due realtà diverse che hanno bisogno di un tempo “speciale” dove il giudizio rimanga fuori dalla porta e crescano i momenti in cui ci si possa sentire gratuitamente accolti, lasciando spazio all’altro per mostrarsi per quello che è. Questa alle volte è la lotta più grande ma sentiamo che proprio in questo fermarsi e sentirsi ascoltati e importanti, soprattutto nei momenti di fragilità, si manifesta qualcosa di grande e prezioso. Questa piccola e quotidiana esperienza, cercata e coltivata già nel periodo del fidanzamento, ci ha fatto capire quanto il passaggio dell’ascolto e dell’accoglienza attiva siano momenti importati, piccoli ma importanti esercizi che aprono il cuore. Una palestra casalinga, che sentiamo come la principale porta nella nostra storia attraverso cui il Signore si fa presente, ed è quello che in qualche modo cerchiamo e desideriamo rivivere e far rivivere una volta fuori di casa.
L’esperienza dell’accoglienza vissuta sulla nostra pelle nei nostri venti giorni di missione in Guinea Bissau nell’estate 2017, ci ha messo davanti a una realtà difficile e impegnativa che ha modellato il desiderio di essere, nel nostro piccolo, una piccola fiammella di bene disponibile per chi ne avesse bisogno, in modo particolare per i giovani, investiti dalle tante domande nell’età della scelta. Anche in questo abbiamo scoperto che la missione può essere presente ogni giorno nel nostro quotidiano…
Un’accoglienza in un paese straniero che, seppur nella povertà e semplicità, non ci ha fatto sentire stranieri, che ci ha visti bisognosi e incuriositi e che ha cercato di farci sentire a casa, in famiglia, camminandoci a fianco giorno per giorno. Sentiamo che questo è lo spirito missionario che può alimentare la nostra quotidianità, che può renderci coppia aperta e feconda, spirito che sentiamo di voler vivere a partire dalle relazioni che abitano le nostre giornate e con i giovani delle nostre comunità, spirito che secondo noi trova espressione proprio nel camminare al loro fianco.
La formazione vissuta con gli amici del percorso “Viaggiare per condividere” del Centro missionario diocesano, prima della nostra partenza per l’Africa, ha solleticato il nostro cuore in questa direzione, facendoci scoprire persone in continua relazione con l’Altro. Ha aperto le finestre di casa nostra alle piccole scelte responsabili, che già nel quotidiano possiamo fare per non appesantire e sfruttare realtà e paesi, e di conseguenza persone, che già sono in sofferenza.
Pensiamo che anche in queste piccole decisioni quotidiane, spesso minimizzate, possa esprimersi l’apertura e l’accoglienza all’altro, fatte di rispetto, di valorizzazione della persona e della sua dignità.
Nei nostri primi passi da marito e moglie stiamo scoprendo, così, come l’essere fecondi nel nostro focolare domestico, nel nostro “noi”, sia arricchito dall’essere fecondi nel mondo, nella quotidianità che incontriamo e viviamo, fecondità che ci fa sentire famiglia nel mondo e complici di un disegno di amore che ci rende tutti figli di un unico Padre.
Elisa e Thomas