Discernere: questione delicata ma fondamentale

Lettera diocesana 2019/05

Ai nostri giorni parlare di discernimento spirituale può sembrare una cosa anacronistica soprattutto se si pensa che oggi tutto viene verificato in termini tecnologici e la piattaforma del web offre senza tanta fatica ogni tipo di soluzione, anche quelle che riguardano il benessere spirituale del singolo o di una comunità.

Tuttavia è solo quando un credente entra in seria e profonda ricerca della volontà di Dio nella sua vita che sente il bisogno di discernimento altrettanto serio e profondo.

La complessità delle situazioni in cui il cristiano è chiamato a vivere e ad agire, per attuare la volontà di Dio, gli impongono una considerazione attenta degli impulsi e delle motivazioni che lo portano a operare determinate scelte. Dio chiama ciascun uomo e ciascun gruppo di persone riuniti nel suo nome, come nel caso della parrocchia, con una vocazione particolare, che si inserisce nel contesto della missione che egli affida al suo popolo che si è scelto. Ciò che è bene per uno, non è bene per un altro, e ciò che è meglio per uno non lo è sempre per un altro. Da qui nasce il problema: come riconoscere i segni di Dio in una determinata situazione soprattutto di fronte a certe scelte?

Dobbiamo tenere conto che all’origine dell’esistenza cristiana ci sono la fede in Cristo, il Battesimo e il dono dello Spirito Santo: tre realtà che si integrano a vicenda e ci fanno percepire l’azione salvifica di Dio. Il Battesimo esprime anche sul piano sensibile la morte e risurrezione di Cristo con il simbolismo efficace del suo rito, fa passare da un’esistenza di tenebre a un’esistenza di luce (Ef 5,8-14), che impone il passaggio dalla morte alla vita nuova in Cristo. Divenuto luce, il cristiano deve camminare da figlio della luce. Questo gli impone il compito di discernere per individuare continuamente la volontà di Dio. Lo Spirito divino instaura con lo spirito umano un misterioso dialogo che impegna l’uomo in un continuo confronto per suscitare una risposta docile, che faccia restare in un costante dinamismo di trasformazione interiore e di rinnovamento, che permetta di riconoscere il sentiero che Dio traccia e di seguirlo. Il discernimento spirituale, pertanto, s’impone come costante nella vita del cristiano per il passaggio dall’età infantile della fede a quella dell’uomo cristiano maturo.

Il discernimento personale poi è profondamente collegato a quello comunitario perché solo chi comprende la volontà di Dio nella propria vita, può indicare la strada per conoscere ciò che Dio chiede all’intera comunità.

Tuttavia non è facile distinguere tra l’azione dello Spirito Santo di Dio, dello spirito umano e dello spirito del male. La difficoltà deriva non solo dalla complessità della vita interiore e comunitaria, ma anche dal fatto che lo spirito cattivo, lo spirito del male, cerca di imitare lo Spirito di Dio per ingannare l’uomo e distoglierlo così dal piano di salvezza. Paolo dice che se mediante lo Spirito facciamo morire le azioni peccaminose del nostro io, noi vivremo da figli liberi: «tutti coloro infatti che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio» (Rm 8,14). A volte la potenza del male è molto sottile ed è rivolta a proporre azioni o atteggiamenti a prima vista buoni, ma che in realtà conducono a conseguenze cattive, seguendo la tattica dell’esagerazione. Ne sono esempi l’abusare della propria libertà per il fatto che è dono di Dio, causando prevaricazioni e domini; l’usare, per la propria gloria, i doni ricevuti da Dio per l’edificazione della Chiesa (la mondanità spirituale condannata da papa Francesco!); oppure concedere tutto a tutti per esonerare dalle responsabilità personali e sociali.

Per questo dobbiamo distinguere lo spirito della verità e lo spirito dell’errore (1Gv 4,6), e questo è necessario sia nel discernimento personale che in quello comunitario.

don Giorgio Bezze, direttore Ufficio diocesano per l’Annuncio e la Catechesi