Da vedere 2020/07

Lettera diocesana_ Sguardi 2020/07

CRESCENDO

di Dror Zahavi
musicale – drammatico,  durata 102′

Eduard Sporck, celebre direttore d’orchestra, accetta la proposta di costituire un’orchestra formata da giovani musicisti israeliani e palestinesi con l’obiettivo di esibirsi insieme in un concerto. L’impresa si rivela da subito molto più ardua del previsto…

Crescendo, opera prima di Dror Zahavi, originario di Tel Aviv ma da molti anni residente in Germania, prende spunto da un’orchestra, la West-Eastern Divan Orchestra, nata da un’idea di Daniel Barenboim ed Eduard Said Dror Zahavi. La storia raccontata non ha nulla però di documentaristico: il direttore d’orchestra Eduard Sporck (Peter Simonischek) accetta l’incarico di formare un’orchestra di giovani musicisti israeliani e palestinesi con i quali esibirsi in un unico evento. Organizza, quindi, un provino a Tel Aviv attraverso il quale scegliere i musicisti più validi. I problemi cominciano subito: cresciuti in un clima di guerra e aggressività, divisi da un odio che sembra insanabile, i giovani non riescono a lavorare insieme e i due talentuosi violinisti, la fiera palestinese Layla (Sabrina Amali) e il superficiale e vanitoso israeliano Ron (Daniel Donskoy) – che sono interpretati, come tutti gli altri personaggi, da giovani attori delle nazionalità che rappresentano – si trovano, in qualche modo, a guidare le due opposte fazioni. Sporck, però, non si arrende e decide di trasferire tutto il gruppo in Trentino-Alto Adige, un luogo che ha segnato profondamente la sua storia personale, per tentare di proseguire le prove. Zahavi sceglie di raccontare la situazione israeliano-palestinese in modo rispettoso, garbato, raffinato, ma non per questo meno efficace, attraverso sequenze originali, potenti ed emotivamente coinvolgenti. Senza giudicare, il regista punta sull’idea che attraverso un interesse comune – la musica in questo caso – ci si possa fermare e riflettere, provando a mettersi nei panni dell’altro e arrivare a considerarlo “semplicemente” come un essere umano. Crescendo è un film intenso e dalla profonda valenza educativa, pertanto dal punto di vista pastorale è da considerare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della Cei).


NON ODIARE

di Mauro Mancini
drammatico, durata: 96′

Simone Segre, chirurgo di religione ebraica, assiste a un incidente d’auto provocato da un pirata della strada; chiama l’ambulanza e si appresta a soccorrere il ferito quando si accorge che questi ha una svastica tatuata sul petto. Sconcerto, rabbia e dolore lo assalgono, per un passato che torna prepotente e gli impediscono di fare il suo dovere fino in fondo…

Non odiare, film d’esordio di Mauro Mancini, che ne firma anche la sceneggiatura insieme a Davide Lisino, è stato presentato alla Settimana internazionale della critica nell’ambito della 77a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. L’opera racconta il travaglio interiore di Simone Segre (Alessandro Gassmann), medico chirurgo figlio di un sopravvissuto alla Shoah, che si trova ad assistere a un incidente provocato da un pirata della strada. Il suo istinto di medico lo fa accorrere dal ferito e chiamare i soccorsi, quando scopre, però, che l’uomo ha una svastica tatuata, la rabbia prende il sopravvento e Simone non agisce come dovrebbe. Nei giorni successivi il senso di colpa lo assale e lo spinge a cercare notizie sull’uomo che ha visto morire, così scopre che ha lasciato tre figli: la ventiquattrenne Marica, il diciassettenne Marcello e il piccolo Paolo. Simone decide di assumere Marica come collaboratrice domestica e si scontra più volte con il secondogenito Marcello, influenzato da idee fasciste e cresciuto dal padre nell’odio vero ebrei e immigrati. Il destino sembra offrire a Simone una seconda possibilità quando Marica si presenta a casa sua con Marcello gravemente ferito. Tutto giocato sull’equilibrata e intensa interpretazione di Alessandro Gassmann, il film Non odiare si mantiene controllato e sobrio nei dialoghi ma non per questo meno efficace nel rappresentare il dilemma morale che vivono i protagonisti, lacerati dall’odio e dal risentimento, eppure quanto mai bisognosi di perdonare e perdonarsi. L’opera solleva interrogativi importanti, ai quali però non offre risposte certe, lasciando allo spettatore il compito di trovarle nel proprio cuore. Il finale, aperto, mette ciascuno di fronte alle proprie responsabilità, a un passato irrisolto e doloroso, ma anche unico punto di partenza possibile per un futuro diverso. Dal punto di vista pastorale il film è da considerare come complesso, problematico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della Cei)


SARAH E SALEEM – LÀ DOVE NULLA È POSSIBILE

di Muayad Alayan
drammatico, durata 127 min

Sarah, israeliana, e Saleem, palestinese, hanno una relazione che vivono in modo nascosto e quasi clandestino. La situazione precipita quando meno se lo aspettano…

Lo spunto lo si potrebbe definire di così frequente ripetizione da proporsi in maniera anonima e non originale: un tradimento, un rapporto extraconiugale, l’illusione di poter tenere tutto nascosto. Cose che evidentemente succedono (anche se talvolta in modo molto amaro) in ogni parte del mondo. Ma qui ci sono una lei israeliana e un lui palestinese, e niente può più essere normale. Il regista Muayad Alayan lavora su un copione di forte valenza cronachistico/drammatica: azione, personaggi, comportamenti sono osservati con scrupolo e spirito di osservazione. Nel momento in cui la coppia commette un passo falso e finisce nel mirino dei servizi segreti israeliani, l’equilibrio tra amore e politica si sfalda, ogni movimento assume una valenza imprevedibile, qualunque giustificazione diventa una montagna impossibile da scalare. Sarah e Saleem hanno famiglia (lei un marito ufficiale dell’esercito, e una figlia; lui una moglie e un figlio in arrivo), una presenza di fronte alla quale nascono reticenze e imbarazzo, entrambi propensi a provare a tenere il silenzio. La regia segue questa palpitante vicenda e intanto fa emergere molte notazioni che mettono in luce distorsioni e difetti della vita quotidiana a Gerusalemme, oggi. Bello il momento in cui le due donne, rivali, hanno un momento di avvicinamento, interessante il ruolo dell’avvocata, pertinenti le notazioni su esercito e indagini poliziesche. Il film, anche grazie alla grintosa presenza delle due attrici, ha forza e carattere per imporsi e trasmettere molta intensità. Dal punto di vista pastorale, è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della Cei).