Da vedere 2018/09

ANTONIO, GUERRIERO DI DIO

di Antonello Belluco
biografico, 105min (2005)

Dal 1221, anno in cui viene salvato sulle coste della Sicilia da Fibonacci, mercante pisano e insigne matematico, alla sosta ad Assisi, dove Francesco ha convocato tutti i frati minori, all’arrivo a Padova nel 1231: sono alcune date centrali nella vita di sant’Antonio, che nella città veneta si scontra con gli usurai, li accusa duramente e pubblicamente, ne ottiene la condanna da parte del tribunale. Da tempo malato e sofferente, Antonio muore a Padova nel 1263.

Si fa presto a dire che la vita di sant’Antonio di Padova, al pari di quella di altri santi, rappresenta per il cinema una scommessa tra le più alte e difficili. Se è vero che incombe l’agiografia di tanti esempi dei decenni passati, è altrettanto vero che non può essere trascurata comunque la necessità avvertita da qualche regista di confrontarsi con figure di così intensa spiritualità. Antonello Belluco è un regista esordiente e il suo approccio alla figura di Antonio, uomo del suo tempo, risente forse di un legame ancora in una fase iniziale e non del tutto meditato. L’aspetto teologico di Antonio è messo poco in vista, al pari della forte pratica devozionale della sua predicazione. Tuttavia non mancano volontà di ridare spazio a una figura centrale nella spiritualità francescana, umiltà di accostamento, coraggio nel ricreare ambienti e luoghi d’epoca. Il film che ne deriva è insieme acerbo e dignitoso, non visionario ma nemmeno retorico, da vedere come inizio di un accostamento al Santo in modi poi più profondi e sostanziosi. L’operazione, dunque, per quanto non priva di lacune, va accolta con benevolenza, e il film, dal punto di vista pastorale, è da valutare come accettabile e senz’altro semplice (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film CEI).


STOP THE POUNDING HEART

di Roberto Minervini
drammatico, 100min (2013)

Nel Texas rurale, oggi. Ecco i Carlson, famiglia di cristiani protestanti, allevatori di capre. Nell’educazione dei dodici figli, i precetti della Bibbia hanno un ruolo centrale, è il libro che scandisce la quotidianità dell’esistenza tra terra e cielo. La ritualità della vita nei campi si incontra (e si scontra) con le antiche tradizioni maschili del cavalcare i tori, con i colpi d’arma da fuoco. E, dall’altra parte, con i tremori e le timidezze delle ragazze, con il loro pensiero sul futuro, il matrimonio, i figli, una nuova famiglia…

Marchigiano, da quattordici anni negli Stati Uniti, Roberto Minervini conclude con questo capitolo la trilogia texana, composta in precedenza da “The passagge” (2011) e “Low Tide” (2012). Se è presa come prototipo, si può dire che la famiglia Carlson diventa esemplare di un modo di vivere la fede e la religione che interpella fortemente l’interlocutore. Si osservano le fasi scandite dalla preghiera e si cerca di entrare nello sguardo dell’autore, nel suo punto di vista, nel reiterato accostarsi di tradizione e contraddizione. Gli insegnamenti religiosi rappresentano il terreno di una continua, sofferta copertura etica, dentro la quale s’inasprisce l’impatto tra realtà e senso del dovere. C’è molta severità, e ci sono passione, incertezze, dolore, incapacità di togliere la crosta del precetto per aprirsi a nuovi spazi. Il film di Minervini diventa un testo denso di singhiozzi e sussulti che scandiscono le tappe del raggiungimento ideale dell’incontro tra terra e creato. Si passa anche attraverso una narrazione disperante che talvolta lascia incerti e interdetti. Ci vogliono attenzione, disponibilità, voglia di vedere l’alterità di uno spirito aperto che circola nel mondo e nelle cose. Film piuttosto aspro nello stile e nel modo di raccontare, difficile da accostare e, dal punto di vista pastorale, da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film CEI).

 


VEDETE SONO UNO DI VOI

di Ermanno Olmi
documentario, 76min (2017)

Carlo Maria Martini, il ragazzo che ben presto asseconda la propria vocazione di dedicarsi al sacerdozio, e arriva a essere pastore della Chiesa di Milano, visto dall’infanzia in Piemonte al lungo periodo milanese, dal 1907 al 2012. In mezzo, oltre mezzo secolo di storia italiana, la prime e la seconda guerra mondiale, fascismo e postfascismo, la Repubblica, il boom economico, il terrorismo, la scelta di ritirarsi in Terra Santa…

Carlo Martini, futuro cardinale, comincia a raccontare e arriva la sorpresa “forte”: la voce è quella dello stesso Ermanno Olmi. Che ha deciso di affiancarsi a Martini nel modo più diretto. Martini presta la propria vita a Olmi; il regista la riceve e la restituisce sullo schermo con la forza dello sguardo e l’intensità dell’autore che usa parola e immagine per allargare la comprensione del segno e della comunicazione. La selezione dei materiali d’archivio (tratti dall’Archivio Storico dell’Istituto Luce, e altri) offre un’ampia possibilità di scelta sulla quale Olmi (con la collaborazione di Marco Garzonio) impone il rigore e il metodo dell’uomo di cinema severo e lucido. In più momenti il racconto scorre semplice e intenso, a tal punto carico di densità narrativa da creare una perfetta sintonia tra il personaggio e l’autore. Di fatto l’intensità spirituale di Martini, il suo essere uomo di una Chiesa aperta e consapevole, trova un perfetto corrispettivo nel racconto di Olmi, nel suo snodare le fasi della vita come quelle di un passaggio delle stagioni, come fosse tra le opere e i giorni di un’alta opera di artigianato contadino. L’uomo resta al centro della riflessione e della meditazione: l’uomo e la sua presenza al centro del creato, l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio. Martini acquista a poco a poco forza e robustezza di fede, di verità, di preghiera. E Olmi gli è accanto, perché il risultato finale è quello di un prodotto così bello, forte, provocatorio da poter essere usato senza dubbio in funzione catechistico-educativa. Anzi, se mai esiste un film con valenza missionaria, questo può essere annoverato tra quelli. Al punto che, dal punto di vista pastorale, può essere valutato come raccomandabile, realistico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film CEI).