Da vedere 2018/02

I RAGAZZI DEL CORO

di Christophe Barratier
commedia, 95′

Francia, 1949. Clément Mathieu, professore di musica, arriva in un istituto di rieducazione per minori, assunto come sorvegliante. Qui il direttore Rachin, sempre nervoso e irascibile, usa metodi punitivi che rendono difficile il dialogo con i ragazzi. Mathieu, dapprima preso in giro all’opposto per il suo carattere remissivo, coinvolge gli allievi nella sua passione per la musica e a poco a poco mette insieme un coro in cui a ciascuno è assegnato un preciso compito. Un giorno, quando tutti sono fuori, la scuola va a fuoco. Non ci sono vittime ma Mathieu viene incolpato e licenziato. Al momento di salire sull’autobus, Mathieu porta con sé il piccolo Pepiton. Proprio lui, da adulto, ha ricordato tutti i fatti di quegli anni lontani.

Un film d’esordio che si ispira a un altro film: La Cage aux rossignol di Jean Drevill, 1945. Un racconto sul quale c’è ben poco da dire, se non lodarne la scrittura fine, il tono delicato, la preziosa ricostruzione delle atmosfere, il contrasto, sapientemente dosato, tra i repressivi metodi del direttore e la lezione educativa del timido musicista. Insomma un copione che fin dall’inizio ti dice da che parte bisogna stare, che nessun ragazzo è veramente cattivo, che la musica e l’armonia possono rendere l’essere umano migliore e concorrere a salvare il mondo. Il flashback infine completa il quadro e proietta il tutto sullo sfondo del ricordo e della memoria. Un film al cui fluttuare in versi bisogna lasciarsi andare, senza chiedere di più. Dal punto di vista pastorale è da valutare come accettabile e senz’altro poetico (a cura della Commissione nazionale valutazione film CEI).


VEDETE SONO UNO DI VOI

di Ermanno Olmi
documentario, 76′

Carlo Maria Martini, il ragazzo che ben presto asseconda la propria vocazione di dedicarsi al sacerdozio, e arriva a essere pastore della Chiesa di Milano, visto dall’infanzia in Piemonte al lungo periodo milanese, dal 1907 al 2012. In mezzo, oltre mezzo secolo di storia italiana, la prima e la seconda guerra mondiale, fascismo e postfascismo, la Repubblica, il boom economico, il terrorismo, la scelta di ritirarsi in Terra Santa…

Carlo Martini, futuro cardinale, comincia a raccontare e arriva la sorpresa “forte”: la voce è quella dello stesso Ermanno Olmi. Che ha deciso di affiancarsi a Martini nel modo più diretto. Martini presta la propria vita a Olmi; il regista la riceve e la restituisce sullo schermo con la forza dello sguardo e l’intensità dell’autore che usa parola e immagine per allargare la comprensione del segno e della comunicazione. La selezione dei materiali d’archivio (tratti dall’Archivio Storico dell’Istituto Luce, e altri) offre un’ampia possibilità di scelta sulla quale Olmi (con la collaborazione di Marco Garzonio) impone il rigore e il metodo dell’uomo di cinema severo e lucido. In più momenti il racconto scorre semplice e intenso, a tal punto carico di densità narrativa da creare una perfetta sintonia tra il personaggio e l’autore. Di fatto l’intensità spirituale di Martini, il suo essere uomo di una Chiesa aperta e consapevole, trova un perfetto corrispettivo nel racconto di Olmi, nel suo snodare le fasi della vita come quelle di un passaggio delle stagioni, come fosse tra le opere e i giorni di un’alta opera di artigianato contadino. L’uomo resta al centro della riflessione e della meditazione: l’uomo e la sua presenza al centro del creato, l’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio. Martini acquista a poco a poco forza e robustezza di fede, di verità, di preghiera. E Olmi gli è accanto, perché il risultato finale è quello di un prodotto così bello, forte, provocatorio da poter essere usato senza dubbio in funzione catechistico-educativa. Anzi, se mai esiste un film con valenza missionaria, questo può essere annoverato tra quelli. Al punto che, dal punto di vista pastorale, può essere valutato come raccomandabile, realistico e adatto per dibattiti (a cura della Commissione nazionale valutazione film CEI).