Nella Lettera apostolica, Spiritus Domini, papa Francesco ha modificato il can. 230 § 1 del Codice di Diritto Canonico circa l’accesso delle donne al ministero istituito del lettorato e dell’accolitato. Il popolo di Dio è formato dai fedeli che si dividono in ministri sacri e laici. Per diventare ministro sacro è necessario il conferimento dell’ordine. Tuttavia, in ogni fedele c’è una dimensione sacerdotale data dal battesimo che ci rende sacerdoti, profeti e re. Si parla, in questo caso, di sacerdozio comune con cui tutti i battezzati sono partecipi dell’ufficio sacerdotale del Signore Gesù.
Con questa consapevolezza nel 1972 Paolo VI, con la lettera apostolica Ministeria quaedam, stabilì che gli uffici del lettorato e dell’accolitato non fossero più riservati ai candidati al sacramento dell’ordine e che non avrebbero più dovuto chiamarsi “ordini minori”. Nel presentare la nuova disciplina, l’allora presidente della CEI, il card. Antonio Poma affermò: «Il lettorato e l’accolitato cessano di essere solamente tappe verso il presbiterato e funzioni transitorie assorbite poi dai presbiteri, ma divengono ministeri più variamente distribuiti all’interno del popolo di Dio». Ad essi però potevano accedervi solo i maschi, come era consuetudine nella Chiesa.
Dobbiamo sottolineare che, almeno in Italia, è raro trovare dei lettori o degli accoliti istituiti. Quindi, questa possibilità non è stata finora utilizzata nemmeno per i maschi, a cui era riservato. In questo senso, sembra che la lettera apostolica di papa Francesco voglia anche implicitamente esortare la Chiesa a valorizzare ulteriormente il ruolo del laico, sia uomo che donna, nella liturgia.
Il lettore legge la Parola di Dio nell’assemblea liturgica, ma potrebbe anche curare la preparazione degli altri fedeli alla comprensione del testo sacro.
L’accolito cura il servizio dell’altare, e può aiutare nella distribuzione della santa comunione.
Può essere incaricato di esporre l’eucaristia all’adorazione dei fedeli e poi riporla; ma non di benedire il popolo.
Quasi tutti i laici che svolgono il compito di proclamare le letture durante la liturgia o di distribuire la santa comunione, non sono lettori o accoliti istituiti.
Il can. 230 §3, infatti, stabilisce che: «Ove lo suggerisca la necessità della Chiesa, in mancanza di ministri, anche i laici, pur senza essere lettori o accoliti, possono supplire alcuni dei loro uffici», seppur in via temporanea o straordinaria. Tanto è vero che, se nel caso dell’accolito si parla di “ministro ordinario” della santa comunione, nel caso degli altri laici a cui è affidato il compito di distribuire la comunione, si parla di “ministri straordinari”.
Quella dei lettori e degli accoliti istituiti è una vera missione ecclesiale. I ministeri “in nessun modo debbono essere sminuiti o come attribuzioni onorifiche, o come momenti episodici nella vita di un cristiano”, diceva sempre il cardinal Poma nella presentazione della Lettera di Paolo VI.
Ridurre a una sorta di onorificenza l’apertura di questi ministeri istituiti anche alle donne, sarebbe inadeguato. Di fatto, nella nostra Chiesa leggono all’ambone e distribuiscono la santa comunione sia uomini che donne. Ma se venissero istituiti, il loro sarebbe un servizio svolto in obbedienza alla Chiesa, fuori dalla logica dello spontaneismo, dopo una seria preparazione che metterebbe al sicuro da errori grossolani.
Nelle Chiesa non si procede con lo stile delle rivendicazioni, e questa non è la svolta femminista di un papa; tra l’altro, già nelle parole di Paolo VI, si poteva leggere una possibilità di apertura di questi ministeri istituiti anche alle donne.
Il ruolo di ciascuno, nella liturgia, è essenziale: ognuno è chiamato a una partecipazione attiva, non perché compie qualche ufficio, ma perché è partecipe di tutto quanto si celebra in Cristo nel quale «non c’è più né uomo né donna» (Gal 3,28). Quando celebriamo, noi siamo «la Sposa dell’Agnello», e questa è la profezia del femminile nella Chiesa.
Elide Siviero, Ufficio per il Catecumenato