La prossimità nell’epoca della “non” prossimità. Quali sensi esercitare?

Lettera diocesana 2020/04

La mascherina è diventata un segno di questo tempo che stiamo vivendo. Per ridurre il contagio ci è stato chiesta una non prossimità fisica, ci è stato chiesto di relazionarci con un distanziamento fisico di oltre un metro e di indossare una mascherina per coprire il naso e la bocca.

Ognuno di noi respira proprio attraverso il naso e la bocca e questo nuovo virus ci ha resi molto consapevoli dell’importanza del respiro per la vita. La mascherina è un Dispositivo di Protezione Individuale. Ognuno avrà vissuto queste richieste in un modo personale: chi come un’imposizione da subire, chi come un modo di dimostrare cura verso se stessi e, contemporaneamente verso gli altri.

Proprio l’uso della mascherina, che “maschera” parte del volto e in qualche modo interferisce con la percezione e l’utilizzo di alcuni organi di senso (naso e bocca) e il distanziamento fisico (che ha a che fare anche con il contatto e quindi con il tatto) ci possono offrire l’occasione per “riflettere e meditare” su quali sensi in questo tempo esercitiamo meno o diversamente e quali sensi possiamo esercitare un po’ di più e nello stesso tempo possiamo valutare maggiormente il loro valore e importanza quando ci relazioniamo con noi stessi, con l’altro e con il Creato.

Possiamo meditare, per esempio, con più consapevolezza sull’importanza del respiro nella Bibbia e per Gesù. A Pentecoste, Gesù «soffiò su di loro: ricevete lo spirito Santo» Gv 20,22; in croce: «Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito». Gli evangelisti sottolineano il respiro nei momenti decisivi della vita di Gesù. La protezione delle vie respiratorie ci aiuta a riflettere sul valore del respiro, un dono così prezioso a cui spesso noi occidentali prestiamo poca attenzione. Quanto è importante nella preghiera partire dal respiro, accogliere e percepire il nostro respiro per riuscire a entrare maggiormente in relazione con il Signore.

Possiamo imparare dalle tante persone che hanno delle menomazioni a non lamentarci di quello che ci manca ma a valorizzare di più e meglio gli altri sensi. Spesso guardiamo e soffriamo per quello che ci manca e non ci rendiamo conto di quello che abbiamo.

Con la mascherina, possiamo valorizzare di più le orecchie (l’udito) e quindi la dimensione dell’ascolto. Come possiamo imparare ad ascoltarci maggiormente? Avere la mascherina ci può ricordare che è meglio dedicare molto più tempo all’ascolto vero delle persone e delle situazioni prima di parlare e di esprimere giudizi. In questo tempo a me pare siano esplosi la lamentela, la critica e il sottolineare tutto quello che gli altri non fanno e la tendenza a esprimere facili e veloci giudizi.

E allora domandiamoci: quanto ho ascoltato, letto, incontrato, studiato prima di esprimere queste parole e questi giudizi? Quanto ho ascoltato con attenzione, consapevolezza e senza pregiudizio?

Con la mascherina, possiamo valorizzare gli occhi e lo sguardo.

Riusciamo a osservare e guardare meglio gli occhi (la vista) e la realtà che ci circonda? Riusciamo ad avere più attenzione ai dettagli, ai particolari, alle sfumature, agli occhi delle altre persone e cogliere attraverso lo sguardo lo stato d’animo. Riusciamo a guardare con più attenzione la realtà, la natura e il creato che ci circonda?

Chissà che queste mascherine ci aiutino quando incontriamo una persona a parlare e interrompere un po’ di meno; ad ascoltare e a osservare un po’ di più, in modo poi che le nostre parole siano un po’ più autentiche e sincere e cercar di vivere, anche se a distanza, una più vera prossimità.

don Luca Facco, direttore Caritas Padova