Il processo sinodale si struttura intimamente come dinamica di partecipazione collettiva, in cui la comunità si impegna in un percorso di dialogo e di ascolto attivo condotto al fine di promuovere il cambiamento. È un processo che, però, impone una certa sorveglianza dei modi e dei criteri adottati per arrivare alle decisioni, evitando il rischio di una «sinodalità ingenua». Ne parla Michele Visentin nel suo contributo «Imparare a decidere assieme», di recente pubblicazione (in «Sinodalità», a cura di R. Battocchio e L. Tonello, EMP, Padova, 2020).
Se è vero che sinodalità è, dunque, un cammino di discernimento collettivo, è ingenuo pensare che ogniqualvolta la collettività dialoga assieme giunge a compiere la scelta migliore. Secondo l’autore, occorre infatti tenere presenti quelle «modalità di resistenza e di difesa» che si attivano inconsciamente quando ci si riunisce per decidere un cambiamento, e che possono essere superate se si è disposti ad apprendere l’arte della decisione cooperativa. Sicuramente l’atto decisionale compiuto collettivamente aumenta il rischio che «la decisione presa non sia la migliore soluzione possibile»; tuttavia tale rischio può essere ridotto se, ad esempio, i partecipanti imparano a condividere correttamente le informazioni disponibili utili alla scelta, o se il leader presta attenzione a creare contesti e condizioni favorevoli alla dinamica decisionale. L’autore sottolinea inoltre l’efficacia di rendere lo stesso processo di discernimento oggetto di discussione: questo aiuta a far emergere quelle resistenze al cambiamento che spesso agiscono sottotraccia nei momenti di decisione sinodale. Infatti, se il cambiamento è sempre pensato e percepito come qualcosa di buono, utile e auspicabile a livello razionale, la decisione di cambiare è poi vissuta in maniera negativa e faticosa, e inconsciamente agiamo affinché il cambiamento sia posticipato o non si compia mai.
In tali dinamiche, appare evidente l’influenza esercitata dal leader comunitario. Anche in questo caso occorre vigilare attentamente sulle procedure e sulle dinamiche che si instaurano, poiché si nota che spesso chi ha ruoli di guida e di responsabilità tende ad adottare una visione mono-oculare nel processo decisionale, procedendo a un’eccessiva personalizzazione della decisione e ostacolando di fatto la decisione stessa. Occorre allora che si compia il passaggio da una visione mono-oculare a un approccio multidimensionale, e dunque – in definitiva – davvero sinodale; questo non si tradurrà, nei fatti, nella mera accettazione del disordine o in una dinamica di innovazione senza sicurezze. L’approccio multidimensionale, anzi, chiede alla comunità di verificare la «qualità dei metodi» per approdare alla «chiarezza delle soluzioni».
L’autore suggerisce poi alcune azioni utili al processo decisionale condiviso: innanzitutto, per uscire dal blocco deliberativo che spesso interessa le comunità e le azioni pastorali è utile scomporre «il problema complesso in problemi secondari e più semplici»; in secondo luogo è bene ampliare la quantità di informazioni a disposizione, perché non ci si limiti ad alternative ovvie che possono risultare note e rassicuranti ma che non per forza si rivelano efficaci. È bene anche ricordare di «toglierci dal centro», ovvero considerare i punti di forza anche delle alternative che non appoggiamo, senza metterle a tacere senza averle prese in considerazione. A questo si collega inoltre la necessità di imparare a sviluppare una visione periferica, per «ascoltare i segnali deboli che vengono dalla periferia» del sistema: occorre saper delimitare opportunamente il campo di osservazione, per poi dare la parola anche a chi si lamenta o si allontana o si nasconde, senza che dal dialogo emerga solamente ciò che desideriamo sentire.
Infine, è bene che la comunità interessata nel processo sinodale di discernimento approdi a una scelta: «non nel senso che verrà un momento in cui avremo tutte le informazioni o sarà certa la strada da intraprendere», ma nel senso che occorre, ad un certo punto, avere il coraggio di osare una scelta, nella consapevolezza che, più che il risultato finale, ciò che appare altamente formativo ed edificante è lo spirito della comunità mentre decide.
Giovanna Zoccarato, segreteria del Sinodo diocesano rilegge:
Michele Visentin, Imparare a decidere assieme, in Sinodalità a cura di Riccardo Battocchio e di Livio Tonello, EMP 2020, pp. 255-263