Quella che è comunemente conosciuta come la Giornata del Dialogo ebraico-cristiano è una peculiarità della Chiesa italiana. Nel maggio 1988, la Conferenza Episcopale Italiana comincia a dar forma a una riflessione personale sul rapporto della Chiesa cattolica con il popolo ebraico. Il risultato concreto sarà l’istituzione di una Giornata nazionale per l’approfondimento della conoscenza del popolo ebraico, nel 1990. È questo il vero nome della Giornata che si celebra ogni anno, a ridosso della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, il 17 gennaio.
Tale iniziativa non nasceva dal niente. I presupposti e soprattutto le esperienze anticipatrici hanno i volti di Maria Vingiani con il SAE (Segretariato Attività Ecumeniche), di Giorgio La Pira con l’Amicizia ebraico-cristiana a Firenze, di Renzo Fabris a Milano e di mons. Alberto Ablondi di Livorno. Persone impegnate in un instancabile e ampio lavoro di dialogo con diverse realtà religiose non cattoliche presenti in Italia.
A dar forza, valore e riconoscenza della bontà di questi percorsi prevalentemente biografici, la dichiarazione Nostrae aetate (28 ottobre 1965) del Concilio Ecumenico Vaticano II che, al numero 4, delinea il particolare e singolare rapporto tra la Chiesa e il Popolo eletto. In questa dichiarazione che fa del dialogo con gli appartenenti ad altre fedi un dovere irrinunciabile della Chiesa cattolica, i Padri del Concilio diranno, guardando al mondo ebraico: «Essendo perciò tanto grande il patrimonio spirituale comune a cristiani e ad ebrei, questo sacro Concilio vuole promuovere e raccomandare tra loro la mutua conoscenza e stima, che si ottengono soprattutto con gli studi biblici e teologici e con un fraterno dialogo».
Nell’espressione “mutua conoscenza e stima” potremmo dire che si trova l’essenza della giornata del 17 gennaio. Nella scelta della data, si è voluto ulteriormente esprime la singolare relazione che lega cristianesimo ed ebraismo, valorizzando quel mondo ebraico al quale Gesù e gli Apostoli appartenevano, e che costituisce la radice stessa della Chiesa. Con la sua scelta, la CEI vuole dirci che, per ricomprendere e ripensare l’unità della Chiesa – messa a tema dall’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani – è utile guardare al misterioso legame che unisce l’ebraismo con il cristianesimo.
Negli anni, l’approfondimento della conoscenza del popolo ebraico ha avuto nella Bibbia la sua strada naturale. Ricordiamo il percorso decennale svolto sulle Dieci parole di Mosè, ossia i Dieci comandamenti, dal 2006 al 2016. Come il successivo percorso sulle cinque Meghillot, i cinque rotoli biblici che nella tradizione ebraica sono formati dai Libri di Rut, Lamentazioni, Ester, Cantico dei Cantici e Qhoelet, dal 2017 al 2021. Negli ultimi tre anni il percorso ha guardato ai profeti Geremia, Isaia ed Ezechiele per attingere linfa di speranza.
I tre contributi che troverete di seguito vogliono essere la testimonianza nell’oggi della “mutua conoscenza e stima” presenti nelle relazioni tra la Chiesa cattolica e la Comunità ebraica di Padova. Infine, è doveroso ricordare – anche come auspicio di ripresa – il Gruppo diocesano di ricerca sull’ebraismo, interrotto con la pandemia. Si tratta di una esperienza che ha avuto pochi pari nello scenario nazionale e che sarebbe bello riprendere con l’aiuto di nuove persone desiderose di dare il proprio contributo in questo particolare fronte di dialogo.
don Enrico Luigi Piccolo, responsabile Ufficio di Pastorale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso