Da vedere 2024/03

Lettera diocesana 2024/03

IL VENTO SOFFIA DOVE VUOLE

di Marco Righi
allegorico, drammatico – 1h 48min

Appennino tosco-emiliano, oggi. Tempo di Quaresima. Antimo è un ventenne che lavora nella fattoria del padre; in casa con loro c’è anche la sorella minore Marta. La loro quotidianità fatica a trovare un equilibrio dopo la morte della madre. Antimo è un ex seminarista, che ha preferito in ultimo una vita laica, fidanzandosi con Miriam. Le sue giornate scorrono lente, meditative, alternando il lavoro tra la stalla e la frequentazione della parrocchia. Un giorno incontra il fattore Lazzaro, cui confida il suo vissuto; l’uomo, più grande di lui, è una persona umile e semplice, che manifesta una curiosità sincera verso la preghiera di cui parla Antimo, aprendo così alla possibilità di avvicinarsi alla fede…

“Il vento soffia dove vuole” è il titolo del secondo lungometraggio di Marco Righi, autore emiliano che ha esordito nel 2010 con “I giorni della vendemmia”. L’opera si muove su un binario di matrice sociale, il racconto della provincia italiana tra inquietudini, rapporto con la natura e incertezze sul domani. Oltre a esplorare la dimensione del reale, il film si direziona anche su un sentiero simbolico, dai ricorrenti rimandi religiosi. “Il vento soffia dove vuole” è un’opera, infatti, che prova a esplorare i territori del mistero, lanciando qua e là suggestioni di carattere parabolico.

È una storia di fantasia che esplora temi sacri. Attraverso le vicende di Antimo e dei personaggi che lo circondano, lo spettatore si trova di fronte a un evento misterioso e a una scelta radicale, che deve interpretare secondo la propria sensibilità. L’opera di Marco Righi, sin dalla scelta del titolo che richiama un verso del Vangelo di Giovanni (Cfr. Gv 3,8), l’incontro tra Gesù e Nicodemo, evidenzia un desiderio di confronto con la dimensione della fede e del mistero; un interrogarsi profondamente umano, tra quesiti dell’animo e al contempo fermenti di contestazione verso le risposte dell’istituzione. Nelle pieghe della storia. Antimo è un ventenne solitario, che custodisce una forte fede e al contempo un dolore bruciante, determinato dall’inspiegabile morte materna; una lacerazione nella sua vita che non trova conforto. Affronta le giornate con disciplina, con desiderio di aderenza al Vangelo, tra momenti di preghiera, regolare partecipazione in parrocchia tra messa, via crucis o confessione con il parroco don Duilio. Ancora, a rafforzare tali richiami religiosi un simbolismo marcato, come quando Antimo decide di cibarsi di pane intinto nel vino rosso. Un vivere che dovrebbe aprire alla pienezza, alla serenità, ma che invece presenta squarci di sofferenza. Antimo sembra trovare nuovo scopo nell’aiutare il fattore Lazzaro, nell’alimentare il suo discernimento sino ad accostarlo alla soglia della fede: il giovane ex seminarista, animato da desiderio testimoniale, si spinge addirittura a battezzare Lazzaro sulle sponde del fiume, sequenza che rivela nuovamente rimandi tematici e simbolici molto precisi. Alla visione del film “Il vento soffia dove vuole” ci si domanda quale sia la traiettoria che intende seguire il regista. In primis, sembra volersi posizionare in un perimetro molto chiaro del cinema d’autore con richiami allo sguardo visivo-narrativo di Ermanno Olmi e dei contemporanei Alice Rohrwacher, Giovanni Columbu e Michelangelo Frammartino: un cinema che indaga il presente e le sue fratture, tra sguardi introspettivi e slanci di poesia visiva, tratteggiando un legame tra uomo, natura e Mistero. A ben vedere, però, il regista rischia anche di sovraccaricare il racconto di riferimenti parabolici e di simboli che non trovano sempre chiara aderenza e coerenza. Nelle sequenze finali, poi, Righi indirizza il personaggio di Antimo in una salita al Golgota, ma dal senso totalmente capovolto: non un dare la vita per l’altro, per una salvezza misericordiosa, bensì un lasciarsi trascinare dalla vertigine del mal di vivere. Una scelta che non può essere accettata o accostata alla dimensione della fede. Pertanto, al di là di alcune soluzioni narrative non sempre efficaci e condivisibili, con rischi anche di confusi sbandamenti di senso, si riconosce comunque all’autore uno stile di racconto acuto e interessante, marcato da eleganza visiva; a corroborare il suo lavoro interpreti misurati. Film complesso, problematico (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della Cei).