IN MEMORIA DI ME
di Saverio Costanzo
genere: drammatico, 105′
In un noviziato sull’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, arriva Andrea, un giovane che ha provato tutto, cerca un ideale, vuole diventare una persona. Andrea è intelligente, dotato, curioso, incoraggiato dai superiori ma frenato da freddezza e paura. Dopo la “fuga” di Fausto, Andrea cerca un rapporto con un altro novizio, Zanna che ogni notte, misteriosamente, entra in una stanza sul corridoio. Solo dopo molti giorni e grandi dubbi, Andrea scopre che lì giace un infermo, la cui figura gli appare simile a un crocefisso. Andrea pensa allora che il Dio che lui studia è diverso da quello dei teologi, diverso anche dalla religiosità severa che gli viene insegnata. È l’inizio di una “notte spirituale” dove dubbio e angoscia esplodono nel grido disperato: «Io non so amare!». Dopo la morte del malato, Zanna decide di lasciare il noviziato, e Andrea gli dice che lo seguirà. Quindi si sofferma ad ascoltare il colloquio fra Zanna e il padre superiore. Questi parla di un Dio debole che lascia, come Cristo, tutti liberi. Zanna gli offre la sola risposta che ritiene possibile: un lieve bacio sulla bocca come un gesto d’amore appena accennato. Poi va via. Andrea lo segue fin sul piazzale, quindi rientra e chiude davanti a sé la porta della chiesa. Libero e sereno, ha fatto la sua scelta. Ed ecco Zanna camminare svelto per Roma, la cupola di San Pietro sullo sfondo, le note della Missa Luba in primo piano. Anche lui ha scelto, liberamente.
L’argomento è delicato, serio, difficile. Costanzo riesce a fissare soprattutto nei volti, nei gesti, nelle scarne parole dei protagonisti i passaggi dell’anima. Si direbbe che non lascia mai un attimo i suoi personaggi e gli attori, che ha coinvolto (prima dell’inizio delle riprese) nell’esperienza degli “esercizi spirituali”, come si ricava dall’intensità emotiva della recitazione corale. La fotografia di interni ed esterni, a volte rapida altre volte piegata a soffermarsi nel buio o in folgorazioni di luce improvvisa, conferisce al racconto un ritmo incalzante, con il supporto di un commento musicale che svaria dalla gioia del valzer a melodie più lente e pensose. Il regista, che dichiara di «credere di non credere», spia nella psicologia dei giovani “chiamati” con notevole forza e capacità introspettiva, specie per quanto riguarda gli aspri passaggi della “notte spirituale”, compresa la sequenza del “bacio” la quale, seppur facile alle interpretazioni letterali, pare a vantaggio di uno sguardo più “simbolico”. L’elemento portante del film appare dunque la descrizione di quella fatica di guardare dentro di sé per trovarvi Dio e con lui la libertà. I passaggi riservati alla difficile comunicazione tra novizi e superiori, in cui si riflette il “classico” dissidio tra istituzione e Vangelo, sembrano un’esagerazione voluta, forse per dare maggiore incisività drammatica al racconto. Tra momenti riusciti e altri meno azzeccati, il film riesce a non perdere di vista l’idea di una ricerca dell’autore ispirata a sincerità e consapevolezza. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come discutibile, problematico e adatto per dibattiti (Commissione nazionale valutazione film della CEI).
SPIDER MAN: HOMECOMING
di Jon Watts
genere: Fantasy, 133′
Peter Parker torna carico di entusiasmo dallo stage fatto presso gli Avengers. Mentre si appresta a tornare alla vita quotidiana con la zia May, viene a sapere che l’Avvoltoio incombe con una nuova minaccia. Per Peter è l’occasione tanto attesa…
Il titolo fa riferimento sia all’homecoming, una tradizione statunitense in cui i licei organizzano una festa di bentornato per gli ex-studenti, sia al ritorno del personaggio nella propria famiglia.
Il giovane Peter ha concluso con entusiasmo il periodo di apprendistato nella sede degli Avengers, e si appresta a riprendere le lezioni a scuola. Qui però capisce che è difficile porre attenzione alle parole degli insegnanti. La sua testa è rivolta altrove, a quel Tony Stark che gli ha fatto intuire la possibilità di mettersi al servizio di qualcosa di più utile e consistente. Peter prova una vera passione per la tuta di Spider Man, che spera di tornare a indossare quanto prima. Quando il pericolo rappresentato dall’Avvoltoio torna a infestare i cieli del quartiere, Peter prova a impegnarsi in un’iniziativa estemporanea e improvvisata. Forse confusa e caotica ma molto generosa e in grado di rimetterlo nella giusta luce agli occhi di Tony Stark. Va detto che questo capitolo di Spider Man si offre fin dall’inizio con una piena tendenza al ringiovanimento del personaggio. Peter Parker ha quattordici anni, fisico esile e modi di fare da adolescente, ha come amico prediletto a scuola un coetaneo tanto grassoccio quanto abile nel computer, in classe si innamora di Liz ma è troppo timido per rivelarsi e quando la invita per il ballo e va a casa a prenderla scopre che è la figlia di Adrian Toomes, ossia il suo nemico Avvoltoio. La storia procede tenendo in primo piano la scelta dell’umorismo, una comicità del tutto ad altezza di “ragazzo” con situazioni e soluzioni tra l’impacciato e il semiserio, occasioni nelle quali il protagonista si getta in modo sconsiderato ed eccessivo, vista l’età, e che lo portano ad esiti negativi difficili da recuperare. Quando battute e ironia prevalgono, il copione scorre agevole e brillante; quando le inevitabili necessità del personaggio richiedono il suo partecipare e azioni mirabolanti e fracassone, il tono un po’ cambia e torna l’action movie tuttavia questo Spider Man Homecoming ha il merito non piccolo di proporre una vicenda all’insegna del buon gusto e senza particolari sbavature. Nella quale il giovane Peter affidato a Tom Holland disegna quella immediata sintonia con nevrosi e incertezze giovanili che creano identità e somiglianza. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come consigliabile, semplice quanto a svolgimento narrativo e senz’altro per famiglie (a cura della Commissione nazionale valutazione film CEI).