La formazione vocazionale a stretto contatto con la dimensione di una specifica comunità parrocchiale e non solo
Casa Sant’Andrea è un’esperienza che vive in diocesi ormai da 32 anni. Ha offerto un luogo e un tempo per il discernimento vocazionale a tanti giovani, buona parte dei quali oggi è prete della nostra Chiesa. È nata agli inizi degli anni ’90 per rispondere alle esigenze della pastorale delle vocazioni e di un approccio adeguato al Seminario Maggiore da parte di chi, non avendo frequentato il Seminario Minore, portava in sé il desiderio di accedervi. Negli anni si è mantenuta fedele a questo suo mandato sapendosi plasmare, nel tipo di proposta e nelle modalità di attuazione, in modo da non disattendere i bisogni di generazioni di giovani sempre diverse. Segno di questa sua flessibilità e spirito di adattamento è forse anche la sua “facilità” a cambiare indirizzo: è la seconda volta che lo fa, per un totale di tre collocazioni diverse in poco più di trent’anni. Sicuramente gli spostamenti sono da ascrivere più a motivi economico-funzionali che di ordine educativo, però mi piace cogliere in questo suo spostarsi anche un segno di disponibilità a sapersi trasformare per rimanere esperienza significativa.
Il primo edificio, quello di via Rovereto in zona Mandria, era un’oasi sobria e verde in mezzo a un bel quartiere residenziale. Luogo ideale per un passaggio graduale dalla vita ordinaria “di casa”, fatta di lavoro, di studio, di volontariato, ecc. alla vita ordinaria “di una comunità” orientata all’incontro con se stessi, con Dio e con gli altri, nutrita da tempi più lunghi di silenzio, preghiera e vita fraterna.
Nel 2016 ci si è spostati a Rubano, in un’ala del Seminario Minore. L’opportunità offerta era quella di una maggiore interazione con i ragazzi degli ultimi anni delle superiori e di poter dar vita a una sorta di “polo vocazionale” dove incontrare e dare ospitalità a giovani di entrambi i sessi, con iniziative anche più ampie, di respiro diocesano e aperte a 360° su tutto ciò che richiama la parola “vocazione”.
Ora ci si colloca a San Gregorio Barbarigo, dentro una canonica, in un contatto ancor più “immediato” con una comunità cristiana. L’auspicio è quello di far vivere un’immersione più diretta nell’ordinarietà della vita parrocchiale (liturgia, catechesi, carità, persone…), anche nella futura dimensione delle collaborazioni pastorali con le parrocchie vicine, in un quartiere come l’Arcella dove le distanze geografiche sono davvero minime. La realtà appare davvero stimolante anche per la configurazione “di mondialità” che il quartiere ha assunto negli ultimi decenni. La Casa, accolta nell’edificio della canonica, rimarrà sede di iniziative vocazionali a tutto tondo per l’intera Diocesi. Confidiamo che questo tipo di soluzione possa essere stimolante sia per i giovani in ricerca vocazionale che per la comunità cristiana di San Gregorio: una vera ricchezza sia per gli uni che per gli altri. Casa Sant’Andrea continuerà a vedere la presenza stabile di due preti a suo servizio: il direttore, nella persona di don Mattia Francescon che è anche responsabile dell’Ufficio diocesano per le vocazioni, e il padre spirituale, don Giovanni Molon che, mantenendo l’incarico di direttore spirituale del Seminario vescovile, avrà anche il ruolo di parroco.
don Giovanni Molon, padre spirituale della comunità vocazionale, direttore spirituale del Seminario
e parroco nominato di San Gregorio Barbarigo