Al cuore di Parigi salgono lingue di fuoco che devastano Notre Dame. Sembra la scena di un film ambientato nel Medio Evo: le fiamme divorano la Cattedrale, gioiello di un’architettura mozzafiato, mentre il popolo fa il passamano con i secchi sperando di frenare la furia distruttrice del fuoco. Oggi, anche se le moderne autopompe della Brigade de sapeurs-pompiers de Paris hanno sparato ettolitri di Senna, l’altare di Notre Dame è ora coperto da macerie e cenere… I social mostrano il popolo di Dio mentre canta l’Ave Maria, inginocchiato lungo le rive della Senna. Il mondo, attonito, si accorge che Notre Dame è più di un monumento, è oltre le interminabili file per entrare a visitare quella meraviglia gotica che dal XII secolo sta nell’Île de la Cité…
Il cuore di ogni polis europea – grande o piccola – è nato cristiano. Attorno alla Domus Dei (il Duomo) si sono sviluppati i centri storici medievali delle nostre città italiane e europee: Colonia o Parigi, Roma o Milano, Londra o Madrid, ma anche le piccole città, le pievi, i borghi e i paesini arroccati sulle colline senesi, sulle Alpi lombarde, sui Colli euganei o nelle campagne del Polesine. Attorno alla chiesa, all’edificio cristiano, la città dell’uomo ha preso la sua forma. Questa è innegabilmente la storia cristiana d’Europa! L’edificio cristiano è “più alto”, svetta; non si camuffa, non ha bisogno di una croce di neon bianchi per essere riconosciuto, parla da sé; le sue forme sono uniche; le sue mura sono monumenti; le sue porte invitano a entrare; i pavimenti sono disegni e sepolture di santi cristiani; le finestre ricevono una luce che si fa immateriale; il suono della voce si trasfigura; le immagini dei santi accendono la pietas; lì ardono ceri e i bambini bisbigliano un’Ave Maria con la nonna. Così le grandi cattedrali d’Europa, così le piccole pievi sui dolci colli d’Italia e di Francia…
Sappiamo anche che in Europa «in questo periodo, accanto a edifici religiosi voluti dalle istituzioni […] e dalle confessioni tradizionalmente presenti in Europa, cristiani […] ed ebrei, sono state costruite anche moschee e templi per altre religioni […] cappelle ecumeniche e interreligiose, sale del commiato, sale del silenzio […], sulla base delle diverse concezioni di “laicità” presenti nelle istituzioni pubbliche» (cfr. G. Santi, Intervento al Convengo «La città di Lercaro», ed. M. Sammicheli, Fondazione Lercaro, Bologna, 5-6 marzo 2010).
Ciononostante, l’intuito di grandi pensatori che si sono cimentati attorno all’architettura cristiana, le linee di pensiero del Movimento Liturgico di inizio ‘900 e la teologia del Concilio Vaticano II, non ci permettono di abbandonare la convinzione che – anche con le architetture dello spazio santo del cristianesimo contemporaneo – sia possibile innalzare la Casa di Dio dentro la polis del nostro tempo. Il cardinal Lercaro – lo sostiene sempre monsignor Santi nell’intervento summenzionato – non affidò la costruzione di chiese all’amministrazione ordinaria e gravosa degli uffici della sua Curia: ma
«come Vescovo antico […] scelse di impegnare direttamente il suo carisma episcopale [intuendo] che costruire chiese era un contributo importante alla costruzione della città; […] credette al dialogo con la comunità civile, con le sue rappresentanze politiche, con i più riconosciuti rappresentanti dell’architettura contemporanea, italiana e non».
Ora forse anche la polis civile ha perduto il suo sogno per la città dell’uomo, cedendo alle derive del funzionalismo; la Chiesa, che lungo la sua storia ha sempre edificato la Casa di Dio dentro la Città dell’uomo, ha bisogno pertanto di rimettere in gioco la profezia di un pensiero eminente e ispiratore: architetti laici come Schwarz o Gaudì, teologi come Guardini, Casel, Herwegen, vescovi come Schuster, Lercaro, Magrassi esistono ancora ma sono ai margini perché poco “funzionali”…
Sembra non interessare nessuno, eppure ancora oggi assistiamo a costruzioni di edifici sacri banali e privi di ogni bellezza; ancora oggi gli adattamenti liturgici voluti dalle norme conciliari sono improvvisazioni di compensato o giù di là; ancora oggi molte chiese parrocchiali anziché risuonare di eterno, sono il ricettacolo di presepiacci, rivistucole, locandine, tabelloni, tazebao, bandiere, amplificatori polverosi e assordanti, sedie accatastate e lumini elettrici…
È grazia invece che ardano i ceri e i bambini bisbiglino un’Ave Maria con la nonna… Notre Dame, ora pro nobis!
don Gianandrea Di Donna, direttore Ufficio diocesano per la Liturgia