Daniela: catechista da sempre, accompagnatrice dei genitori, moglie, mamma e nonna.
Negli occhi le foto delle assemblee diocesane dei catechisti, una platea composta da donne, rarissimi uomini, qualche sacerdote. Anche i relatori sono uomini, sacerdoti, anche se a onore del vero recentemente qualche donna c’è stata.
La catechesi, sostantivo femminile, è pensata da uomini, alle donne è dato il lavoro sul campo, a tu per tu con bambini e famiglie.
Ma chi sono, come vivono oggi queste donne?
Hanno un lavoro, un marito, una casa da mandare avanti, dei figli in età scolare, alcune con figli più piccoli; qualcuna con figli più grandicelli e genitori o suoceri da curare, sono quelle che “hanno resistito” e hanno proseguito dopo che i figli hanno concluso l’iniziazione cristiana.
Livio: sono il marito, uno dei “rarissimi uomini” che da qualche annetto è presente agli incontri, da quando una voce dentro mi disse di condividere invece di reclamare un po’ più del suo tempo per me. Volevo capire da dove veniva l’energia che dedicava alla catechesi. E questo francamente senza sapere se veniva a mio favore. Per me è cominciato un percorso nuovo, forse di maturazione e non di convenienza. A volte (sempre) le chiamate passano attraverso le donne.
Comincia sempre così, arriva il parroco e dice: carissima mamma, non aiuteresti nella catechesi, sarebbe una bella esperienza per te, non ci sarà molto da fare, ti aiuteremo.
E queste giovani donne, con la grande generosità di cui sono capaci, dicono Sì.
Forse non sono sposate in chiesa, forse nemmeno sposate, ma non importa, serve la loro generosità e disponibilità.
E si buttano a capofitto con un entusiasmo bellissimo. Non conoscono i catechismi, conoscono poco il Vangelo, ma mostrano il desiderio di conoscere meglio Gesù e di farlo conoscere ai propri figli, dei quali si sentono generatrici anche per la fede. Spesso vogliono capire meglio cosa è una catechista e decidono di fare un po’ di formazione, facendo slalom fra gli impegni.
Livio: Condivido con Daniela l’esperienza di accompagnare un gruppo di queste mamme, frequentiamo assieme al loro parroco queste giovani famiglie, faccio il nonno saggio del gruppo. Mi piace vedere me e Daniela riflessi in qualche personaggio delle scritture per esempio Priscilla e Aquila, dove troviamo e marito e moglie coadiutori e complici in una vita cristiana di testimonianza e di prima chiesa domestica.
A una serata di formazione vedo una di queste mamme, tre figli, prendere rapidamente il telefono, rispondere concitatamente a monosillabi e alzarsi e scappare. Il marito l’aveva chiamata dicendole che non trovava più il ciuccio per il piccolo, che perciò non si addormentava.
Per preparare gli incontri si trovano spesso in casa di una di loro, con i figli, e coinvolgono anche i mariti in questo, preparano l’angolo bello per mandarlo nei gruppi e stimolare gli altri a farlo.
È questa l’immagine della catechista di oggi sulla quale bisogna che parrocchie e parroci si interroghino. Sono loro che hanno le chiavi delle “chiese domestiche” di cui si parla poco, anche se questo periodo di lockdown le ha un po’ scoperte.
Ci interroghiamo su quando la catechesi potrà ricominciare, riprendo un passo dell’importante e concreto documento dell’Ufficio catechistico nazionale “Ripartiamo insieme”.
«…Più che riflettere su come coinvolgere le famiglie nella catechesi abbiamo compreso di dover assumere la catechesi nelle famiglie. Ma per fare questo bisogna partire dai loro ritmi e dalle loro risorse reali, valorizzando ciò che c’è piuttosto che stigmatizzare ciò che manca…».
Noi crediamo che i tempi, i modi e il linguaggio dell’evangelizzazione nelle parrocchie vadano ripensati partendo proprio dai tempi delle famiglie e delle famiglie delle catechiste, anziché dal “si è sempre fatto così”. Vanno coinvolte senza imporre ritmi e tempi che spesso le costringono a rinunciare a un servizio e a una testimonianza che è sempre motivo di crescita nella fede per tutti.
Sono famiglie non perfette, non sante, ma chi lo è?
Daniela Laghetto e Livio Recher