«La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell’impegno per la missione universale».
Sono parole scritte nel lontano 1990, nell’enciclica Redemptoris Missio di san Giovanni Paolo II. A tutt’oggi credo che pochi siano riusciti a indicare con tanta forza e chiarezza la necessità vitale della missione universale per la vita ordinaria delle comunità cristiane, per quella nuova evangelizzazione di persone che già sono entrate in contatto con la fede cristiana.
L’impegno missionario in paesi lontani non è un lusso che si possono permettere solo le diocesi che hanno abbondanza di preti, diaconi, consacrati e laici impegnati: è un modo per trovare ispirazione e sostegno per l’evangelizzazione qui, ora. E certamente nel dare un volto concreto alla missione universale occorre tenere presente questo: orientarci verso quelle esperienze che più provocano, scuotono e, perché no, contestano e criticano il nostro modo di essere Chiesa.
In ogni caso, la parola del Vangelo è netta e forte e la missione universale è una precisa obbedienza al mandato del Signore:
«Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).
Colpisce la vicinanza fra rimprovero dell’incredulità e della durezza di cuore e il mandato di proclamare il Vangelo andando in tutto il mondo. Il rimprovero non riguarda solo il non credere ai testimoni della risurrezione ma include anche un modo di vivere la fede da impauriti, arroccati, sulla difensiva?
“Durezza di cuore (sclero-cardia)” è termine che nella lingua greca indica ciò che ferma e blocca, fino a ostruire e fermare il flusso della vita… come ad esempio capita per l’arteriosclerosi. Dove le nostre traduzioni hanno “andate” nell’originale sta un gerundio, “andando”, a indicare uno stile, una forma.
La proclamazione della lieta notizia si fa cioè in modo agile, in movimento costante, con la gioia serena di non adagiarsi. E allora l’orizzonte della missione universale è tutt’altro che un dovere da assolvere con fatica: il movente è la gioia, la spinta è data dal tocco della Grazia che illumina e contagia. Ben lo sappiamo, esistenzialmente, quando sperimentiamo qualcosa di bello ed entusiasmante abbiamo naturale il desiderio di poter condividere.
E in fondo i giovani hanno chiesto questo scrivendoci a conclusione del sinodo ufficiale e a inizio di un dialogo costruttivo con l’intera comunità cristiana: «Ci sembra che il Signore stia chiedendo alla Chiesa di Padova che tutti riscopriamo la gioia che riempie l’esistenza di chi incontra Gesù e il dono del Battesimo, così da essere testimoni credibili, stabili, sereni e coerenti». Il titolo stesso della lettera è eloquente: «Vi ho detto queste cose perché la vostra gioia sia piena Gv 15,11».
don Raffaele Gobbi, direttore Ufficio diocesano di Pastorale della Missione