Il corpo… crediamo di conoscerlo solo perché ci conviviamo da quando siamo nati, perché ogni giorno ne vediamo riprodotta l’immagine allo specchio.
Ma cosa intendiamo per corpo e cosa identifichiamo con esso? È qualcosa di più degli organi che radiografie e altre sofisticate indagini sono in grado di rivelare? Sono soltanto le cellule a dire che gli esseri umani sono uno diverso dall’altro? Da dove deriva questa unicità?
Portiamo con noi, nel nostro dna, i geni dei nostri genitori, di nonni, bisnonni… persino quelli compresi nell’evoluzione dell’uomo avvenuta in milioni di anni. Della sua struttura organica, del suo funzionamento, gli scienziati sanno ormai quasi tutto. Per noi invece è una continua scoperta. Non possiamo conoscere il nostro corpo se non in relazione al momento in cui viviamo, all’età che attraversiamo, alle vicende a cui la vita ci pone di fronte; ogni fase diversa da quella precedente e da quella seguente… Lo impariamo a comprendere attraverso i sensi e le tante relazioni che costruiamo e intrecciamo nel tempo.
Noi abbiamo provato a raccontarlo attraverso le illustrazioni della nona edizione della rassegna I colori del sacro che quest’anno ha per tema proprio il Corpo (Museo diocesano di Padova, fino al 24 giugno). Lo abbiamo fatto grazie all’originalità, la creatività e l’ironia che sono proprie di questo linguaggio, in un percorso che tocca quattro passaggi fondamentali. Un racconto del corpo come dimensione centrale della vita, dalla più elementare esperienza di sé, all’apertura verso ciò che è altro da sé – passando anche attraverso il cambiamento e l’esperienza del limite – fino ad abbracciare la sfera spirituale. Il ricorso alla narrazione, a metafore, ad allegorie, a soluzioni di materialità diverse, che a volte oltrepassano il limite della carta, riescono a dire di più, di più di quello che ci è dato di vedere. L’uomo colore ideato da Martin Jarrie (nella foto), scelto come immagine della mostra, esemplifica perfettamente la meravigliosa, sconfinata complessità della vita, racchiusa in quella realtà apparentemente limitata – ma aperta all’infinito – che chiamiamo corpo.
Superando lo stretto dualismo di matrice agostiniana, abbiamo voluto suggerire che quanto si vede esternamente non è che una parte del tutto, e che non esiste separazione tra esteriorità e interiorità, o una priorità dell’una rispetto all’altra: l’anima, lo spirito sono modi di essere del corpo, non alternativi a esso.
Più di ottanta opere, quarantacinque gli illustratori provenienti da varie parti del mondo, alcuni tra i big dell’illustrazione come Lorenzo Mattotti, Javier Zabala, Simone Rea, Emilio Urberuaga, Arianna Papini, Anna Castagnoli, offrono incisive e personali interpretazioni che richiamano esperienze personali, racconti popolari o leggendari, modi di dire, storie della Scrittura. In tante di queste storie, in molte delle illustrazioni elaborate, possiamo rintracciare momenti vissuti, pensieri comuni, sensazioni condivise; percepiamo nella diversità e unicità del singolo tratti che ci uniscono e che pertanto ci fanno sentire meno soli e diversi.
In questa edizione non potevamo non avere un’attenzione particolare per una più estesa accessibilità alle opere, anche da parte di un pubblico con disabilità sensoriali. Per sette opere esposte sono disponibili una versione in rilievo “toccabile” dal visitatore, accompagnata da una didascalia in braille e un’audiodescrizione dell’opera con un video che la descrive nella lingua dei segni (LIS).
Pochi passi, direte, ma significativi, che dicono da un lato il desiderio di rendere sempre più fruibili i contenuti da non vedenti e non udenti, dall’altro, per noi, di acquisire modalità percettive che ci priverebbero di una reale disponibilità a incontrare l’altro attraverso il linguaggio dell’arte.
Andrea Nante, direttore Museo diocesano di Padova e della rassegna internazionale di illustrazione I colori del sacro
Nella foto: L’uomo colore di Martin Jarrie