L’uso dei fondi dell’8xmille destinati alla Chiesa cattolica è regolamentato dalla legge 222 del 1985 e prevede tre finalità fondamentali: il servizio ai più poveri, in Italia e nei paesi in via di sviluppo, le attività di culto e pastorale, compresa l’edilizia di culto e la manutenzione dei beni culturali ecclesiastici, e il sostentamento dei sacerdoti. Da sempre la Chiesa italiana si è preoccupata di render conto in modo dettagliato e scrupoloso dell’utilizzo del denaro che riceve grazie alle firme dei contribuenti. Tutte le informazioni sono disponibili in rete (www.8xmille.it), fino alla ripartizione dei fondi stabilita dai vescovi italiani per l’anno 2021, nel corso del quale sono stati assegnati 363 milioni di euro per le esigenze di culto e pastorale, 253 milioni per le opere di carità e 420 milioni per contribuire al sostentamento dei sacerdoti, che sono circa 32mila tra quelli in attività, quelli in pensione e quelli in prestito fidei donum nelle terre di missione.
Il meccanismo tramite il quale viene suddiviso l’8xmille del gettito Irpef tra i soggetti accreditati che ne hanno diritto, è estremamente semplice e molto simile a quello delle elezioni politiche o amministrative: chi si esprime, decide anche per chi non esprime nessuna preferenza. Ogni firma, dunque, è fondamentale perché tutto ciò che viene realizzato con questo denaro possa continuare a esistere, anche perché tutte le firme hanno lo stesso peso: quella del milionario come quella del pensionato. Chi firma, infatti, non mette nulla di tasca propria ma semplicemente contribuisce a definire la destinazione da assegnare all’8xmille dell’intero gettito Irpef. Nonostante la percentuale di coloro che scelgono la Chiesa cattolica sia sempre stata, in questi 30 anni, molto elevata, e tale ancora rimanga, non possiamo permetterci di pensare che sarà automaticamente sempre così.
Gli spot pubblicitari, che vengono girati sempre senza far uso di attori ma coinvolgendo i diretti protagonisti delle opere finanziate, offrono degli spaccati di vita di questi progetti, scelti tra gli oltre 8mila che ogni anno vengono così sostenuti. Essi si sono rivelati nel tempo una risorsa strategica e continuano a esserlo. La campagna pubblicitaria di quest’anno, per esempio, ci porterà in giro per il Belpaese da Bergamo fino a Palermo, passando per Faenza (RA), Reggio Emilia, Grottazzolina (FM), Roma, Acerra (NA) e Foggia. Uno strumento efficace per raccontare a tutti gli italiani come vengono spesi i soldi destinati, dalla loro decisione, alla Chiesa cattolica. Eppure non possiamo pensare che questo investimento mediatico sia sufficiente da solo. Serve qualcosa di più, e la pandemia ce lo ha ricordato in modo inequivocabile. Le dichiarazioni del 2020 (su redditi 2019) hanno registrato – secondo i dati messi a disposizione dal Ministero dell’economia e delle finanze – un calo di circa un milione di firme per la Chiesa cattolica e un corrispondente contemporaneo aumento nei confronti dello Stato. È vero che eravamo nel cuore della prima ondata del Covid 19 e che certamente il senso civico di tanti italiani li ha portati a guardare alle istituzioni pubbliche più in difficoltà, specialmente quelle sanitarie. È vero che restano sempre una larghissima maggioranza le preferenze raccolte dalla Chiesa cattolica (oltre 12 milioni di firme, più del 70% di quelle espresse). Però questo segnale non può essere trascurato, perché si tratta del più forte calo di consensi mai registrato da quando questo sistema è entrato in vigore. Insomma, gli spot sono stati e saranno ancora bellissimi ma la consapevolezza che l’8xmille è un bene di tutti deve assolutamente ripartire dal basso: dalle diocesi, dalle parrocchie, da ogni famiglia cristiana. Ogni credente deve rendersi conto che nessuna firma è di troppo e che nessuno sforzo per sostenerle e farle crescere deve essere trascurato.
Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica