Non esiste una Settimana Sociale uguale all’altra: non è mai successo nella storia della Chiesa italiana dal 1907 in poi. Il motivo è facilmente comprensibile: ogni Settimana ha un tema diverso e, soprattutto, l’attenzione al sociale chiede di stare dentro la storia, con le sue novità e i suoi cambiamenti.
Taranto sarà il primo appuntamento della Chiesa italiana dall’inizio della pandemia, e già questo fatto merita attenzione. Inoltre, il cammino sinodale che si va delineando nel prossimo avvenire non può ignorare che la Settimana Sociale sarà un’occasione unica per capire lo stato di salute della sinodalità in Italia. Una sorta di prova generale. Non stupisce dunque che tra i laici del nostro paese ci siano molte attese. Del resto, l’annuncio del titolo è quanto mai promettente: Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso. Il riferimento implicito è all’enciclica Laudato Si’, promulgata sei anni fa da papa Francesco e diventata un faro per chi vuole affrontare le trasformazioni sociali del nostro tempo. Certo, anche la più recente Fratelli tutti trova spazio nei dibattiti preparatori, ma il tema ecologico è diventato ancor più urgente con la pandemia in corso. Scopriamo così il tentativo della Chiesa di misurarsi con tre grandi questioni odierne senza separarle tra loro: il lavoro, la crisi ambientale e il futuro del nostro Paese a partire dalle prospettive per i giovani.
Il lavoro, si sa, non è una questione tra le tante all’interno della dottrina sociale della Chiesa. È il filo rosso che attraversa tutta la riflessione sociale a partire dalla Rerum novarum. Rappresenta la cartina di tornasole della vita civile. Bisogna tenere alta la guardia sul tema, perché segnala la qualità della democrazia. Le recenti crisi socio-economiche hanno tagliato senza misure le opportunità lavorative e la stessa comunità cristiana fatica a dire parole di senso nelle trasformazioni in corso. Non basta dire dei no, ma servono strategie direzionali: alcune domande mantengono tutta la loro attualità (perché lavorare? Come garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro?), mentre altre sottostanno alla tirannia dell’incertezza (come reinventarsi quando si perde un lavoro? Quali opportunità per i giovani?). I cambiamenti vanno colti anche come occasioni e non è sufficiente rifugiarsi nelle lamentele. Per questo, la Settimana Sociale connette i problemi tra loro. Parla di transizione ecologica mettendola in relazione con la conversione morale. Vede la sostenibilità come un progetto capace di tenere insieme il lavoro, le istanze di cura per l’ambiente, le attese delle giovani generazioni e la spiritualità.
La Chiesa italiana a Taranto gioca una partita delicata. La sinodalità parte dall’ascolto, richiede approfondimenti e diventa proposta. La presenza significativa di giovani e di donne alla Settimana potrebbe modificare visibilmente il volto dell’assemblea dei partecipanti. E non solo per la mascherina obbligatoria… Anche questa opportunità di incontro, a ben pensarci, si mostra come sfida per il cammino sinodale. L’ascolto non potrà trascurare i volti feriti delle famiglie colpite dalla crisi economica oppure segnate da drammi ambientali o sanitari. Ma si amplierà all’attenzione verso le buone pratiche nate in Italia per rispondere a un diverso modello di sviluppo rispetto a quello consumistico, capace di integrare le esigenze dell’uomo con l’equilibrio ecologico. Il bene si sta già facendo strada. Dare voce anche a chi sperimenta il nuovo nell’ottica della sostenibilità significa credere che lo Spirito continua a illuminare gli uomini e le donne. Non c’è da temere. La Chiesa deve solo aprirsi al dono. Ogni volta che lo fa ne esce rinnovata. Con qualche ruga in meno in volto…
don Bruno Bignami, direttore Ufficio nazionale per il problemi sociali e il lavoro