L’associazionismo d’ispirazione cristiana è una fonte generosa di socialità solidale. Propone palestre di reciprocità dove si impara a condividere traguardi e sfide che consentono alla fraternità di costruire nuova socialità. È avvenuto in passato, quando molte innovazioni sociali sono nate promuovendo la vita, i diritti umani, la tutela dei più deboli contro ogni speranza.
Molti ricordano quanto le proprie esperienze associative siano state importanti, a volte illuminanti nell’orientare scelte di vita altrimenti difficili da immaginare. Hanno aperto lo sguardo verso nuove frontiere umane per immaginare il lavoro, l’impegno sociale, politico e altro ancora. Prima nel loro campo visivo alcuni sogni non c’erano, poi hanno fatto la differenza nelle traiettorie di vita. Quando nascono nell’associazionismo spesso non sanno come potranno diventare. Gli animatori a volte leggono le uscite dalla vita associativa come un impoverimento che la costringe a rivitalizzarsi continuamente. Ma chi è uscito da queste esperienze scopre quanto il bene ricevuto rifiorisca nelle scelte vitali.
Assomiglia a ogni famiglia, quando mette al mondo nuova vita e poi impara a separarsi dai figli, perché anch’essi possano gemmare nuove famiglie. Molti animatori si chiedono come far rifiorire la pianta associativa, in una società dove prevalgono troppi legami virtuali e poco vitali. Chi è uscito non vive sempre e necessariamente così il problema, riconosce i frutti nelle proprie traiettorie esistenziali, scoprendo quello che non aveva immaginato e non aveva programmato, ma che è diventato futuro realizzato. Col senno di poi vedono meglio le radici delle esperienze esistenziali nate dagli incontri che le hanno vivificate.
Ma l’idea di socialità liquida spesso sfuma senza ragione i confini che sostengono lo sviluppo dell’identità personale e sociale. Per l’associazionismo d’ispirazione cristiana le conseguenze si vedono “con seguendo”, seguendo insieme le traiettorie vitali che hanno avuto a disposizione prospettive per vivere in modi creativi il dialogo tra carità e socialità. Ogni generazione è, infatti, chiamata a riaffrontarlo. Non è facile, quando prevale la paura di separarsi. I frutti migliori possono essere misurati nella capacità di mettere al mondo, di generare forme sociali più fraterne e vivificate dalla reciprocità.
Anche la pianta associativa per rifiorire ha bisogno di essere potata. Lo fanno le transizioni verso l’età adulta, quando non impoveriscono ma esternalizzano, socializzando i frutti, come nelle migrazioni. Non le vivono solo i migranti, arrivano da terre lontane mentre continuano a custodirle nel proprio cuore. Avviene anche per i giovani che, dopo esperienze virtuose, approdano all’età adulta. Guardando indietro comprendono quanto le proprie migrazioni esistenziali siano state importanti e non casuali. Sono partite da piccole terre personali per poi esplorare le terre della fraternità solidale e poi reinterpretarle in forme sociali ancora più responsabili e solidali.
Tiziano Vecchiato, presidente Fondazione Emanuela Zancan onlus