Una prima considerazione che nasce dalla lettura dell’ultima enciclica di papa Francesco Fratelli tutti (FT), porta ogni credente a fare memoria e a rilanciare le profezie e i segni profetici donatici per costruire un mondo fraterno. Credo sia prioritario mettere in evidenza questo aspetto, avvicinandosi a Fratelli tutti, perché non è insolito imbattersi in una constatazione che suona, più o meno così: «Oggi non ci sono più profeti!».
Non so se si tratta di una nascosta preghiera o piuttosto non sia una sconsolata affermazione. Certo è che senza profeti e senza un sogno profetico, capace di costruire il futuro, ciascuno di noi si sente disorientato, se non tremendamente bloccato in un presente privo di sbocchi.
Per questo l’enciclica si apre ricordando due eventi profetici che non possiamo dimenticare e che sono dati a tutta l’umanità, nella sua interezza e diversità. Il primo è l’incontro di san Francesco col sultano Malik-al-Kamil, di cui lo scorso anno si sono ricordati gli ottocento anni. Il secondo è la firma comune da parte di papa Francesco e del grande imam Ahmad Al Tayyeb del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e convivenza comune. Un evento lontano e uno vicino a noi, per dire come, nel tempo, non siano mai mancate persone capaci di indicare agli uomini e alle donne uno stile di vita alternativo ispirato dalla fede nell’unico Dio, capace di fare della diversità un’opportunità di dialogo e non di separazione, tantomeno di scontro.
In entrambi i casi, si tratta non solo di mutuo rispetto nella distanza, ma anche di un reciproco avvicinamento, per dialogare assieme, nel nome di una comune animazione di fede. Oggi come ieri, queste persone hanno parlato tra loro e hanno condiviso visioni di vita, partendo dalla compartecipazione a una fede religiosa. La persona credente, che vive alla luce di un Dio che abita e guida la storia, è chiamata a riconoscere che Dio li ha reciprocamente messi in movimento e li ha fatti incontrare.
Una seconda considerazione nasce dal ruolo che Fratelli tutti attribuisce alle religioni nella costruzione di un mondo fraterno. Proprio la fede in Dio, condivisa dalle religioni, anima l’ultimo capitolo. Per papa Francesco la fraternità tra le persone e la difesa della dignità di ognuno non può che avere come vero o solido fondamento l’affermazione che Dio è Padre di tutti (cfr. FT 272). Si tratta di una parola profetica che parla al presente e apre a un futuro di solidarietà e di pace tra tutta la famiglia umana. Si tratta però anche di una parola spesso dimenticata, non solo dell’insegnamento di papa Francesco ma anche dei suoi predecessori che, con specifica e sinergica forza affermavano l’identico orientamento. Così al n. 273, papa Francesco unisce la sua voce all’insegnamento di Benedetto XVI e di Giovanni Paolo II, profeti attenti e solleciti verso lo sviluppo dell’umanità.
Per Francesco poi, le religioni sono le custodi di valori e verità che non sempre sono colti nella costruzione delle nostre società. Da un lato la scienza e la tecnica, come pure l’economia e la politica, fanno fatica a costruire visioni inclusive dove a tutti è riconosciuto un posto e il diritto a esprimersi, partecipando a un’unica storia. «Non è accettabile – dice papa Francesco – che nel dibattito pubblico abbiano voce soltanto i potenti e gli scienziati. Dev’esserci uno spazio per la riflessione che procede da uno sfondo religioso che raccoglie secoli di esperienza e di sapienza» (FT 275).
Di fronte al relativismo etico, basato sul consenso del momento, e a una riduzione della persona alla sua realtà individuale, che chiude le persone in una narcisistica affermazione di sé, le religioni hanno il compito di tenere aperte le strade dell’umanità verso la verità, per offrire a ogni uomo e a ogni società i fondamenti per un’etica sociale capace di dirsi etica di fraternità.
don Enrico Luigi Piccolo, direttore Ufficio diocesano di Pastorale dell’Ecumenismo e del Dialogo interreligioso