Don Lorenzo Milani ha un rapporto che non potrebbe essere più stretto con l’agape: è l’agape a porsi al cuore della sua conversione, allorché nel 1943 egli decide di prendere il posto di un giovane prete appena morto. Una scena forte e solenne, che non siamo abituati ad associare alla condivisione caratteristica dell’agape cristiana, ma che ce ne ricorda l’origine eucaristica di partecipazione, spirituale e corporea, all’amore di Cristo. Nella conversione del ventenne Lorenzo Milani vi è un riferimento al dolore e alla morte riscattati da Cristo e trasformati in accesso a una Vita indistruttibile in nome dell’Amore di Cristo.
Si può allora dire che vi siano due aspetti da sottolineare nell’agape cristologica di don Milani, e che sorreggono tutta la sua azione pastorale e educativa. Il primo aspetto, che ho appena accennato, è quello sacramentale, perché la scelta agapica non sarebbe possibile senza una comunicazione personale con Cristo che per don Milani, nella maniera più classica, si attua e si rinnova attraverso un’accettazione profonda dei sacramenti. Profonda nel senso che i sacramenti per lui diventano trasformazione ontologica della persona, trasfusione diretta di un potere salvifico reso disponibile per mezzo della Chiesa. È questo il segreto del suo sacerdozio, che traspare dalla sua personalità e dai suoi scritti, ma che nello stesso tempo egli non ostentava, lasciando che fossero le sue azioni a parlare, nella misura in cui si avvicinavano al loro Modello.
L’altro aspetto, non collegato di solito all’agape, è quello escatologico, che ci parla di una forza spirituale e morale che riesce ad affrontare vittoriosamente la sofferenza e la morte, e che non potrebbe farlo se non avesse un’origine trascendente. Quest’agape che non ha timore di nulla, questa condivisione intrepida e vittoriosa perché accetta la morte, contiene già in sé la sua realizzazione e il suo premio, e viene quindi a coincidere con il Giudizio. È lei a giudicarci, sia che noi la si abbia, sia che non la si abbia, fingendo magari di averla. Perché l’agape è un fuoco che brucia ogni cosa, lasciando intatto e anzi portando a rivelazione e conferma solo ciò che in noi è indistruttibile. Questo ci rammenta il volto più vero e più facile da travisare di don Milani, il volto duro e implacabile del profeta che obbedisce sino in fondo alla sua consegna divina, mettendo in gioco la sua intera vita, e che, rinunciando alla propria vita, riesce per vie imperscrutabili a trasmettercela.
Giuseppe Fornari, docente di storia della filosofia – Università di Verona