Sono giorni convulsi, in questa situazione inattesa e traumatica, che ci attanaglia tutti.
Mi chiedo, tra l’altro, se ha senso, adesso, parlare del libro La scommessa cattolica, che presentiamo in Lettera diocesana? Mi viene il dubbio di non essere particolarmente in ascolto, silente e duraturo, di ciò che stiamo vivendo.
Con questi dubbi, elenco i motivi per cui ho letto volentieri il libro in autunno e per i quali ne consiglio la lettura.
Il titolo. Scommettere è sempre un atto di rischio da assumere con coraggio e creatività. Mi sembra un atteggiamento non rinunciatario da riscoprire, per non lasciarci andare a velleitarismo o allo scoraggiamento. Non si tratta di rincorrere qualcosa che ci starebbe davanti e neppure di restaurare il passato.
La domanda di copertina. È intrigante. C’è ancora un nesso tra il destino delle nostre società e le vicende del cristianesimo? C’è ancora un in-audito del Vangelo da ascoltare e da annunciare?
La scrittura. Fresca e incisiva insieme, aiuta a entrare nei processi della (post) modernità, collegandoli e intersecandoli tra loro. Aiuta a mettere in luce.
Il riferimento all’etimologia. Di varie parole gli autori recuperano la radice etimologica – cosa che appassiona e risulta interessante – permettendoci di andare al cuore delle parole e possibilmente di usarle meglio.
La presentazione del contesto culturale della modernità. Soprattutto all’inizio quando si sottolinea l’astrazione come frammentazione.
La distinzione tra fede per adesione e per fede affidamento. Sicuramente potrebbero essere contenuti già conosciuti, ma li trovate espressi con linearità e chiarezza.
Le sette tensioni da ripensare. Che possono dar vita a molte suggestioni, riflessioni e sostenere processi e prassi pastorali. Trovo molto stimolante la prima che diventa “cifra” anche delle altre: astrazione, confusione, concretezza.
Una Chiesa popolare. Verso la fine si ricorda un’evidenza da non perdere mai di vista. La Chiesa non può vivere senza popolo, e questi giorni ce lo manifestano con maggior forza.
Infine, la fede nel secolo che viene. Bisogna stare tra due estremi: la Chiesa può essere morta quando è avulsa dal mondo, immutabile come in una teca di vetro; oppure rischia, al rovescio, un suo dissolvimento, trovandosi indistinta rispetto al contesto circostante.
Il cambiamento è vita. Nelle ultime pagine si descrive il destino dell’essere umano. Può vivere la vita solo attraverso delle forme e nello stesso tempo nessuna forma è capace di contenere pienamente la vita, che è sempre eccedente. Da questa tensione si origina il cambiamento, che è vita. Così per la Chiesa e la sua cattolicità.
Buona lettura, gli approfonditi articoli di Lettera diocesana, sicuramente daranno impulso ulteriore nel cogliere il valore del testo e… leggerlo!
don Leopoldo Voltan, vicario episcopale per la Pastorale