Sono una catechista di lungo corso e da alcuni anni sono accompagnatrice dei genitori nel percorso di iniziazione cristiana dei figli.
L’anno scorso, in seguito a una serie di cambiamenti avvenuti nella mia parrocchia, mi sono trovata sola nel mio servizio: non c’era più il team con cui si era avviato un modus operandi ben oliato e fruttuoso.
Non sono versata nell’arte dell’animazione e forse sono troppo vecchia per inventarmi un ruolo nuovo. Le sfide mi spaventano, ma non mi sottraggo e ho capito che, non potendo contare su particolari carismi personali, l’unico modo per essere credibile era condividere ciò su cui si fonda la mia fede: la Parola, la Buona Notizia.
Qual è l’immagine di Dio che sento di trasmettere? È l’immagine di Dio che, fin dalla Genesi, cerca l’uomo (Adamo dove sei?), che è fedele alla sua alleanza, che non si stanca di mantenere una relazione con la sua creatura. È il volto del Padre rivelato da Gesù: Dio si mette nelle mani dell’uomo.
Man mano, e in modo spontaneo, lo spazio dedicato alle Scritture si è ampliato; i genitori hanno mostrato curiosità, interesse, voglia di comprendere e questo mi ha incoraggiato a continuare.
Insieme abbiamo scoperto che le storie del Primo Testamento non sono poi così lontane: sono le nostre storie e le relazioni raccontate, spesso tanto difficili, fra fratelli, genitori e figli, sposi, sono le nostre relazioni. Leggendo le Scritture abbiamo conosciuto uomini e donne che non sono eroi senza macchia e senza paura, ma hanno difetti e limiti, come ciascuno di noi, ma hanno incontrato Dio proprio nella loro debolezza, diventando suoi strumenti nel cammino per la realizzazione della salvezza.
Stiamo imparando che i Salmi danno voce al nostro sentire nelle situazioni che viviamo anche oggi: nella gioia e nella lode, ma anche nella sofferenza, nel dubbio, nella solitudine e, a volte, nella recriminazione e nella rabbia.
Mi rendo conto che le generazioni più giovani si sentono “schiacciate” da un senso di precarietà che non riguarda solo il lavoro e la condizione economica, ma soprattutto le relazioni: l’amore, gli affetti, le amicizie vengono spesso vissuti come se il fallimento fosse sempre dietro l’angolo.
Io sono convinta che la risorsa più credibile e la scelta prioritaria per reagire a questo senso di smarrimento stia nella Parola: se prendiamo coscienza di essere inseriti in un progetto di salvezza che è partito da lontano e che si è realizzato con la scelta di Gesù di amarci fino alla fine, non possiamo più vivere senza speranza.
La buona notizia è che la vita di ciascuno di noi ha un senso, che c’è un futuro bello, perché siamo un popolo di salvati.
La sfida per me ora è far capire che la Parola non è affidata solo ai presbiteri, ma anche a ciascuno di noi, che siamo Chiesa, che, in quanto battezzati, siamo re, profeti e sacerdoti; anche noi destinatari del mandato di Gesù: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc16,15).
Giovanna Sartori Diodati