«Dio ha scritto un libro stupendo le cui lettere sono moltitudine di creature presenti nell’universo», (Laudato Si’, 85): la creazione, dunque, parla! L’enciclica di papa Francesco evidenzia che il creato e la creazione ci rimandano all’opera di Dio, alla sua azione, riannodandosi in questo senso alla testimonianza biblica, a partire da quell’inizio, da quel principio raccontato nella Bibbia: «E Dio disse». Proprio la prima pagina di Genesi dimostra che il mondo creato è bello e stabile grazie alla forza della Parola. Dio crea il mondo parlando, inventa anche le parole (i nomi delle cose, degli esseri viventi), finché non trova un interlocutore, l’umanità, con cui entrare in dialogo e affidare la sua opera. Il mondo visibile costituisce perciò l’impronta visibile della parola pronunciata da Dio; è un messaggio di Dio, come attesta anche l’apostolo Paolo: «le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute» (Rm 1,20). Le opere di Dio sono un messaggio indirizzato a noi, alla nostra intelligenza perché scopra Dio, “veda” Dio, veda il suo messaggio lanciato a noi in queste opere. Sorge, dunque, spontaneo e immediato l’interrogativo: di fronte alle crisi ecologiche che viviamo e che ci interpellano quale appello ci rivolge la Scrittura? Senza cadere in una sorta di lettura nostalgica del nostro rapporto con l’ambiente, alla luce del giardino dell’Eden perduto, è di nuovo il momento di riaffermare che la creazione rimane il luogo della benedizione, più che delle maledizioni e delle catastrofi. Certo l’uomo può privare il cosmo della sua qualità di “creazione”. Può ridurre al nulla ciò che Dio ha richiamato dal nulla. Per questo, recuperare la meraviglia e lo stupore di fronte al creato è indispensabile per impostare bene le azioni ulteriori. Più di ogni altra cosa, è tessendo i fili della benedizione e della lode, come ben evidenziano le dieci parole di Dio in Gen 1, che si potrà agire per il bene dell’umanità, guardando in faccia e svelando il “peccato” che sfigura la terra, e “resistendo nella lode” alla tentazione della rassegnazione e dell’inerzia.
A sostenere questo indispensabile riferimento alla Scrittura e al suo messaggio anche rispetto ai problemi complessi della “nostra casa comune”, ci viene in aiuto la felice intuizione di papa Francesco di dedicare un’intera domenica a far festa alla Parola di Dio, da celebrarsi ogni anno nella Terza domenica del tempo ordinario a partire dal 26 gennaio 2020:
«Il giorno dedicato alla Bibbia vuole essere non “una volta all’anno”, ma una volta per tutto l’anno, perché abbiamo urgente necessità di diventare familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di spezzare la Parola e il Pane nella comunità dei credenti. Per questo abbiamo bisogno di entrare in confidenza costante con la Sacra Scrittura, altrimenti il cuore resta freddo e gli occhi rimangono chiusi, colpiti come siamo da innumerevoli forme di cecità» (Papa Francesco, Aperuit illos, n. 8).
Non si può non augurarsi che questa iniziativa possa accompagnare la crescita spirituale e di coscienza di tutta la comunità cristiana, in una passione da condividere: che la Parola di Dio cresca tra i credenti e nella Chiesa. È un processo lungo, già iniziato con il Concilio, che merita disponibilità, impegno e creatività, consapevoli che «la Bibbia non è una raccolta di libri di storia, né di cronaca, ma è interamente rivolta alla salvezza integrale della persona» (Aperuit illos, n. 9).
E non possiamo dimenticare che la celebrazione di questa domenica cade a ridosso della giornata di dialogo con gli ebrei e della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: una scelta che assume una dimensione ecumenica e interreligiosa. Viene semplicemente da aggiungere con speranza, che nella complessità contemporanea, in particolare a partire dai problemi e dalla difficoltà dell’ambiente e della creazione, le donne e gli uomini credenti riconoscano l’urgenza di unificare il loro cuore nell’ascolto della Parola per aprirsi alla pluralità degli incontri, dei percorsi e delle scelte da compiere.
Giuseppe Casarin, Settore Apostolato Biblico