Il rapporto tra l’ecumenismo e la salvaguardia del creato è un limpido esempio dell’interconnessione delle quattro forme “classiche” del dialogo ecumenico, cioè tra vita, teologia, preghiera e prassi. Sottolineo tre motivi tra i tanti. Innanzitutto, il sottotitolo dell’enciclica Laudato Si’ del Papa, cioè Sulla cura della casa comune, è del tutto ecumenico. Infatti, l’espressione “casa comune” non è altro che una possibile traduzione del vocabolo greco Oikoumène dal quale deriva la parola ecumenismo. Storicamente, cioè sostanzialmente per tutto il primo millennio cristiano, l’ecumene era una parola usata per indicare «tutte le chiese del mondo che si riteneva abitato». La casa comune è, dunque, il mondo che ci precede, che abitiamo. Esiste qualcosa di più “comune”, per cristiani di diverse confessioni, dello stesso mondo che abitiamo? L’attenzione alla creazione, dunque, è sostanzialmente ecumenica, in se stessa perché parte e si radica proprio su ciò che è comune, su ciò che unisce, più che su ciò che divide.
Un secondo aspetto è legato proprio al cammino ecumenico che, classicamente, si fa iniziare nel 1910 con l’Assemblea missionaria di Edinburgo delle chiese protestanti. Una seconda tappa importante fu la nascita di due movimenti, nel 1925 Vita e azione (Life and Work), e nel 1927 Fede e costituzione (Faith and Order). Nel 1948, poi, si andò a costituire il Consiglio Ecumenico delle Chiese (World Council of Churches, WCC), attualmente con sede a Ginevra. Come già espresso dal nome, Vita e azione, l’attenzione agli aspetti pratici del dialogo aveva posto le questioni sociali e anche un po’ ecologiche già nella sensibilità di questo movimento. C’è dunque un primato storico circa l’attenzione al creato da parte del movimento ecumenico che ai suoi albori si radica nell’ambito delle chiese della riforma (protestanti). Il Consiglio ecumenico delle Chiese che, inizialmente, raccoglie solamente molte chiese protestanti, ma poi diventa un riferimento per tutte le chiese, promuoverà in modo ufficiale dagli anni Ottanta del Novecento un preciso programma inerente a Giustizia, pace e salvaguardia del creato, di stimolo anche per i cattolici e gli ortodossi. Un’altra attestazione dell’attenzione ecumenica al creato è il fatto che negli oltre cinquant’anni della celebrazione comune della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, dal 18 al 25 gennaio di ogni anno, l’attenzione alla creazione è molto presente, poiché i testi della preghiera vengono preparati ogni anno da un gruppo interconfessionale di un paese diverso. Lo stesso mondo, l’ecumene, è dunque un invito a una mondialità del cristianesimo che aiuta tutti i cristiani a essere sensibili alle sfide e problematiche che altri fratelli e sorelle stanno vivendo in altre parti del mondo.
Un terzo aspetto importante da sottolineare è l’arricchimento sia teologico che “pratico” che il dialogo ecumenico dona alla custodia del creato. Da un punto di vista teologico, ad esempio, l’ambito dell’ortodossia offre una particolare attenzione alla creazione nel suo essere rivelazione di Dio e poi trovare compimento nell’Eucaristia, basti ricordare il teologo Johannes Zizioulas (Il creato come Eucaristia, 2000) o lo stesso patriarca Bartolomeo, citato anche dal Papa in Laudato Si’. Anche la sensibilità “pratica” delle chiese della riforma (soprattutto quelle nate nell’Ottocento) è sempre attenta a sottolineare la responsabilità etica di ciascuno in qualità di creature chiamate alla cura di tutte le creature. Come voci teologiche non si può dimenticare il teologo luterano Jürgen Moltmann che da oltre trent’anni è un attento protagonista della teologia della creazione.
don Giulio Osto, docente Istituto superiore di Scienze religiose di Padova