Con don Nicola De Guio e don Stefano Ferraretto, partirà per la missione in terra di Etiopia una (nostra) giovane asiaghese: Elisabetta Corà. Le abbiamo chiesto: Perché parti? Chi te lo fa fare?.
Da parte mia, prima ancora della sua risposta, ho provato a immedesimarmi in lei e ascoltarla:
«Caro don, cari amici della mia comunità cristiana, il mio cuore arde. Avverto che Qualcuno mi invia a un popolo lontano, ma penso che troverò la risposta lentamente e rispettosamente. Sarà il sorriso, la stretta di mano, la fronte corrucciata nell’ascolto, l’emozione del momento, il gesto del saluto, la fatica del cammino a rendere ragione di ogni risposta. Ritengo che il segreto di ogni missionario è proprio in quella quantità di amore alla vita che riversa ogni mattina nel cesto delle sue azioni. Non parto per cambiare il mondo o risolvere i problemi della gente che andrò a incontrare, ma con il desiderio di lasciar trasparire la grandezza affidata a ogni vita umana, la possibilità che è in ognuno: disegnare un orizzonte eterno. Vado in missione per incontrare e conoscere di più il mistero di Dio, l’amore che Egli ha per ogni uomo e donna, a partire dal più piccolo, il più povero. Vorrei fosse questa ogni giorno la mia convinzione, la mia vocazione. Diversamente credo che mi troverò a disagio tra chi mi accoglierà e mi osserverà per capire il motivo della mia presenza. Sì, ritengo che proprio il mistero di Dio renda vero ogni impegno missionario. Capitemi bene. Andare nel Sud del mondo, nei paesi di missione per fare qualcosa di buono, è sicuramente un obiettivo simpatico, positivo, vorrei persino dire arricchente. Il “come andare” fa la differenza. L’impegno missionario, quello da cui è nato il termine stesso, è proprio del cristiano viaggiatore che, munito di bastone e bisaccia, oggi anche con la comodità dell’aereo, si abbandona a terre lontane dove Dio stesso lo ha già preceduto. Ecco perché ha bisogno di portare con sé il bene che ha nel cuore, insieme alle sue povertà, e di stimare l’immenso valore della vita: Dio gli apparirà ovunque. E non saranno apparizioni miracolistiche e devozionali, che lasciano il tempo che trovano, ma avranno la consistenza di relazioni di fraternità, di amicizia, di accoglienza, di condivisione, di comunione. Saranno esperienze di fede, possibilità di cambiare il mondo cominciando da se stessi. Tutto il resto è chincaglieria con il marchio contraffatto della carità».
Grazie Elisabetta. Saremo anche noi con te, dentro l’unico mistero di Dio, che ci ha dato suo Figlio, perché sperimentassimo la gioia di essere tutti suoi figli e fratelli tra noi. Buon viaggio! Buona missione. Non ti lasceremo sola!
Cari amici, in questo racconto, cuore a cuore, io credo che possiamo trovare davvero il significato e la bellezza dell’andare in missione e sentirci tutti missionari, perché tutti avvolti dal mistero di Dio che è Amore, chiamati a essere, ovunque viviamo, il racconto del suo amore.
don Roberto Bonomo, parroco di Asiago