Tra i più significativi documenti del magistero di papa Francesco che presentano le coordinate sulle quali declinare a livello pastorale i vari aspetti della vita e della missione della chiesa in questo tempo si trovano in successione cronologica Evangelii gaudium (EG), Laudato si’ (LS), Amoris laetitia (AL), Veritatis gaudium (VG), Gaudete et exultate (GE).
Da uno sguardo veloce ai soli titoli – che costituiscono anche l’incipit di questi testi autorevoli – non passa inosservato il fatto che contengano una parola che esprima e o rimandi alla gioia.
Questa, in effetti, è un tema caro al papa, che ha approfondito anche in alcune omelie e che di tanto in tanto rilancia anche con dei tweet. Ma cosa intende papa Francesco con gioia? Come dice lui stesso non ci si riferisce tanto a uno stato d’animo, a uno stare allegri e sempre sorridenti e nemmeno consiste nell’essere persone gioviali, ma la gioia è dono dello Spirito, è un qualcosa di interiore che viene dall’incontro con Dio, è come il respiro del cristiano, il suo modo di esprimersi (cf. omelia del 28 maggio 2018). Questa prospettiva probabilmente la riprende dagli esercizi ignaziani secondo i quali la gioia è strettamente unita alla consolazione, la quale è «uno stimolo interiore, per cui l’anima si infiamma di amore per il suo Creatore e Signore, […] e ogni gioia interiore che stimola e attrae alle realtà celesti e alla salvezza dell’anima, dandole quiete e pace nel suo Creatore e Signore» (Esercizi spirituali, 316).
In un clima di smarrimento e di sfiducia, e di profondi cambiamenti dove spesso i cristiani, come molte volte apostrofa lo stesso Francesco, sono tristi e manifestano una chiesa dal volto funebre, viene indicata la via della gioia per vivere e affrontare le sfide del tempo odierno. Più che all’elaborazione di strategie pastorali o alla ricerca di condizioni esterne favorevoli affinché la missione della chiesa possa essere svolta al meglio, il papa si focalizza sulle persone e fa leva su un’esperienza di fede che sia vera e autentica. Richiamandosi alla situazione della chiesa nascente rileva come l’incontro con il Risorto sia stato determinante e propulsore per un cambio di prospettiva e questo lo può essere anche per la chiesa di oggi. Infatti, se i discepoli dopo i fatti della passione e morte del Maestro erano smarriti, incerti sul da farsi e paurosi tanto da rinchiudersi in casa, il vedere il Risorto vivo e presente in mezzo a loro li ha riempiti di gioia e dopo il dono dello Spirito Santo questa stessa gioia li ha resi intrepidi e coraggiosi annunciatori di tutto ciò di cui erano stati testimoni; così questa dinamica evangelica dovrebbe essere valida anche per i cristiani di oggi. Come si legge all’inizio di EG «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù» (1): quanti hanno accolto il Vangelo vivono questa gioia che è dono interiore che viene da Dio e proprio perché ha in Lui la sua sorgente è portatrice di verità, bontà e bellezza; e allo stesso tempo è questa medesima gioia che muove all’evangelizzazione in quanto ha in sé «sempre la dinamica dell’esodo e del dono, dell’uscire da sé, del camminare e del seminare sempre di nuovo, sempre oltre» (EG 21).
La gioia quindi viene proposta dal papa come criterio per l’annuncio e la vita della chiesa e viene a contraddistinguere ogni azione di evangelizzazione. Si comprende allora perché i suoi principali documenti si snodino attorno a questa realtà, dove il primo, l’esortazione Evangelii gaudium, dove il termine gioia ritorna ben 59 volte, si ponga come una sorta di telaio sul quale intessere le tele di tutti gli altri che argomentano poi a livello pastorale i vari aspetti della vita (cf. La Civiltà cattolica, 2016/4, pp. 417-431). Così si invita a tessere la lode nei confronti del creato (LS) che è «la nostra casa comune» e allo stesso tempo «è anche una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le braccia» (1) ; si riconosce che è giubilo per la chiesa «la gioia dell’amore che si vive nelle famiglie» (AL,1) sollecitando a prendersi cura della vita coniugale e di quella familiare; si esorta a ricercare la verità, la quale «non è un’idea astratta, ma è Gesù, il Verbo di Dio, in cui è la Vita» (VG,1), e che l’incontrarlo non può che rendere il nostro cuore gioioso; e da ultimo sentir risuonare anche in noi il «rallegratevi ed esultate» (GE,1) che Gesù dice ai perseguitati o umiliati per causa sua affinché possiamo rispondere alla personale chiamata alla santità dal momento che «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore» (EG,3), anzi come ama ripetere papa Francesco nessuno è estraneo alla gioia del Vangelo perché il Vangelo è gioia.
don Fabio Moscato, docente Facoltà teologica del Triveneto