Se un adulto si ferma a guardare i giovani superficialmente arriva alla conclusione che molti di loro sono superficiali, vuoti, aridi, privi della voglia di partecipare, incapaci di stare in silenzio e tanto meno di pregare.
Dobbiamo riconoscere che, almeno nella maggioranza dei casi, gli adulti sono pervasi da un diffuso pessimismo verso i giovani, e sono spesso condizionati da luoghi comuni che difficilmente riescono a far vedere ciò che veramente sono i giovani e quanto essi sappiano essere e fare.
Tutto questo è frutto di un pregiudizio che può essere superato.
Se, infatti, si ha l’occasione di stare insieme ai giovani, se si condividono con loro spazi e tempi, se si ha il dono di poter ascoltare le loro storie intime e personali, ecco allora che sicuramente si cambia idea, si modifica lo sguardo, si impara a non generalizzare il mondo giovanile, ma a considerare ogni giovane, uno a uno, per quello che è, e a uscire dai freddi meccanismi della contrapposizione che riducono i gradi di appartenenza alle due sfere del credere e del non credere.
Così ci si accorge che i giovani, soprattutto le ragazze, non sono affatto superficiali come si crede, ma c’è in loro una ricca e autentica ricerca di spiritualità. Certo, non nelle stesse forme con cui l’hanno vissuta i loro genitori o i loro nonni, ma in modalità e tempi diversi, che escono, nella maggior parte dei casi, dai canoni classici e istituzionali.
I giovani, per esempio, fanno fatica a pregare nei recinti delle nostre parrocchie, tra banchi e altari, preferiscono luoghi più informali, meno strutturati. Rifiutano adorazioni e veglie con pizzi e incensi in parrocchia, ma se le stesse vengono proposte in un contesto diverso, come in un campo in montagna o durante un raduno nazionale con migliaia di coetanei, e vengono guidate con parole che toccano la loro vita, allora i giovani ci stanno e anche a lungo.
Nei giovani esiste pure un autentico desiderio di poter vivere una vita bella, una vita piena in cui ci sia spazio per l’interiorità, per l’ascolto e la riflessione, per capire le cose e andare in profondità, soprattutto quando si tratta di relazioni.
I giovani intendono la spiritualità come ricerca di sé, di costruzione della propria identità; essere autentici e fedeli a se stessi è il loro vero, irrinunciabile desiderio. E proprio per questo possiamo dire che i giovani sono alla ricerca di quell’originalità che sta alla base di ogni vita umana in quanto immagine irripetibile di Dio.
I giovani non amano una spiritualità eterea, evanescente, disincarnata, questa viene rifiutata in tutte le sue forme, piuttosto sono alla ricerca di una spiritualità che li trascini e li appassioni concretamente, che consenta a ciascuno di incontrarsi con se stesso. Desiderano una spiritualità che coinvolga il corpo, gli affetti, i sentimenti, le emozioni, che tocchi la propria umanità nella linea evangelica proclamata da Gesù.
Leggendo il documento del Sinodo della nostra Chiesa colpisce pure un desiderio di approfondire la Parola di Dio, il Vangelo in particolare, per conoscere maggiormente la persona di Gesù che ancora risulta difficile da capire e interpretare. I giovani desiderano, anzi vogliono, gustare maggiormente la Parola, per trovare sostegno e chiavi di lettura, per capire quello che Dio dice a loro, alla Chiesa, alla storia e al mondo.
Infine, nei giovani non è tramontato il desiderio di avere al proprio fianco testimoni credibili del Vangelo, cioè uomini e donne che hanno saputo coniugare la propria fede con la vita, uomini e donne spirituali, che vivono sulla terra ma che sono protesi verso il cielo. Non rifiutano quegli adulti che sanno essere maestri nella preghiera e nell’impegno alla carità, come forma più alta di spiritualità.
I giovani sono una riserva preziosa. Basta solo stare con loro e crederci.
don Giorgio Bezze, direttore Ufficio diocesano per l’Annuncio e la Catechesi