Il sogno di una Chiesa in cui i cristiani si aiutano a vicenda nel divenire “cittadini degni del Vangelo” è scritto profondamente in quella carta costituzionale della Chiesa del terzo millennio che si chiama Gaudium et Spes: «Quando essi agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati (…) daranno volentieri la loro cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative (…)».
Anche papa Francesco invita continuamente le persone e le comunità a farsi costruttori della casa comune: «Le mani e la nostra fede si alzino verso il cielo, ma lo facciano mentre edificano una città dove l’amore di Dio è il fondamento».
Niente di più lontano, perciò, dalla visione di chi vorrebbe far consistere lo “spazio” della vita credente «in atti di culto e alcuni doveri morali».
C’è allora una domanda che potremmo porci assieme: Le parrocchie hanno un ruolo nella formazione di una cittadinanza attiva? Possiamo coltivare questa attenzione nella pastorale ordinaria?
Di fronte ad agende spesso fitte e a calendari comunemente sovraccarichi potremmo farci prendere dallo scoraggiamento – no, non c’è abbastanza “spazio”.
Forse però la formazione alla cittadinanza attiva non richiede di fare “cose nuove”, ma piuttosto di fare “in modo nuovo le cose”. Ecco allora alcune attenzioni di fondo che potrebbero avviare processi sulla strada giusta.
Mettere al centro la vita delle persone – la vita dei cristiani si svolge accanto a quella di tutte le donne e gli uomini, tra gli uffici e le case, i negozi e le piazze, i parchi e gli ospedali, le scuole e le banche. Chiederci assieme come abitare da credenti nelle nostre città è già un primo gesto “attivo”, e fare davvero sintesi tra Vangelo e vita converte i nostri cammini, cambia le abitudini, incide sugli stili di vita, mette in moto, specie quando siamo insieme, processi che fanno crescere l’inclusione, la propensione alla cura, la ricerca dell’equità.
Coltivare la straordinarietà dell’ordinario – molte delle ministerialità piccole e grandi di cui sono intessute le nostre comunità sono già esercizi di cittadinanza: il valore del servizio, il senso della responsabilità e l’attitudine al dialogo si imparano (anche) nelle esperienze educative, nei consigli pastorali, nei momenti in cui facciamo assieme festa o ci prendiamo cura di chi è più fragile. Non sempre però viviamo nel modo giusto queste esperienze – occorre un costante lavoro di cura per mantenere vivo l’atteggiamento di ascolto e l’apertura al rinnovamento.
Valorizzare alcune esperienze – alcune realtà già presenti nell’esperienza ordinaria della parrocchia sembrano particolarmente inclini a far maturare nelle persone un’attenzione al bene comune e il desiderio di mettersi insieme per costruirlo – promuovere cammini come quelli dello scoutismo, dell’Azione cattolica o delle Acli significa allora anche investire nel futuro del nostro Paese.
Francesco Simoni, membro della Presidenza del Consiglio pastorale diocesano, già presidente diocesano di AC