Da vedere 2020/04

VOLEVO NASCONDERMI

di Giorgio Diritti
genere: biografico, drammatico
durata: 106 min

 

Con un continuo uso di flashback, Giorgio Diritti presenta la vita di Toni Ligabue dalla primissima infanzia in Svizzera, dove è nato nel 1899, alla gioventù da solitario nel cuore dell’Emilia, nei boschi fluviali della Bassa padana. Aggirandosi nelle campagne quasi come una figura fiabesca, sgraziata, alla fine Ligabue trova accoglienza presso una famiglia borghese che gli fa scoprire il potere della pittura. Da lì s’infrange il guscio di isolamento del suo mondo e attraverso dipinti e sculture filtra il sole nel suo animo, riflettendo così all’esterno una grande luminosità interiore…

Con “Volevo nascondermi” il regista firma forse il suo film più bello e convincente, la piena conferma di una maturità artistica che lo pone tra i grandi autori del nostro cinema a cominciare da Olmi, con richiami anche al cinema contadino di Pupi Avati e per certi versi anche a quello antropologico di Bernardo Bertolucci. “Volevo nascondermi” è un cammino di accesso all’animo complesso e fragile di Toni Ligabue, un uomo vissuto ai margini della famiglia e della società, che ha trovato la sua forma di contatto con il mondo attraverso l’arte. I dipinti di Ligabue, infatti, su tavolette, tele oppure pareti, risultano degli affreschi dell’anima, specchi riflettenti di un disperato bisogno di vita e di amore. Ligabue voleva soprattutto essere notato e accolto. E grazie all’arte è riuscito a far sentire la sua voce, lasciando quindi scoprire al mondo quel giardino fiorito all’interno del suo cuore solitario. Ligabue ha conosciuto sì la gloria negli ultimi anni, persino un riscatto nella sua condizione socio-economica – l’ebbrezza dell’acquisto di una moto rossa fiammante oppure di un cappotto di lana –, ma nel suo animo non è stata mai colmata la sua sete di affetto. E in ultimo una malattia invalidante ha spezzato le sue ali di libertà, ma di certo non il sogno di leggerezza, il desiderio di fuga da quel corpo pesante e goffo. Merita una menzione speciale il lavoro di Elio Germano, giustamente onorato a Berlino. Germano si è camuffato, anzi si è annullato del tutto all’interno di Ligabue. Non un mero percorso imitativo né una macchietta, bensì un denudarsi e un rivestirsi rispettoso degli abiti dell’artista, recuperando quel suo bagaglio fisico ed emozionale. Germano è arrivato a perdersi nel mondo del pittore, donandosi con generosità al lavoro di Diritti. “Volevo nascondermi” è un film di elevato spessore e intensità, che esplora la dimensione storica del paese, quella biografica dell’uomo e quella onirica-artistica del pittore. Un lavoro raffinato ed elegante, di grande profondità; un fotogramma di un cinema che rimanda al passato, non per nostalgia ma per accuratezza. Un’opera che suona anche come una boccata di ossigeno per il nostro cinema, al pari del “Lazzaro felice” di Alice Rohrwacher, ben oltre la solita abbuffata da commedia. E al punto di vista pastorale, “Volevo nascondermi” è da valutare come consigliabile, problematico e adatto senza dubbio per dibattiti (dal giudizio della Commissione valutazione film della CEI).


MIO FRATELLO RINCORRE I DINOSAURI

di Stefano Cipani
genere: commedia
durata: 101min

Jack accoglie con entusiasmo la notizia che presto avrà un fratello, ne sceglie lui stesso il nome, Giovanni; ma Gio è “speciale”: ha la sindrome di Down…

Il film, diretto dall’esordiente Stefano Cipani e tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Giacomo Mazzariol (che ne ha scritto la sceneggiatura insieme a Fabio Bonifacci), racconta la storia di una famiglia normale con un figlio “speciale”, Gio, affetto dalla sindrome di Down. E lo fa, come il romanzo, principalmente dal punto di vista del fratello maggiore Jack. È lui il vero protagonista della storia: ha aspettato tanto questo fratello che i genitori gli hanno presentato come “dotato di poteri speciali”, ma crescendo si rende conto che non è il “supereroe” di cui i genitori gli avevano parlato e i suoi comportamenti bizzarri e imprevedibili, le attenzioni e la cura di cui ha costantemente bisogno, diventano, per un adolescente alle prese con il primo anno di liceo e la prima cotta, un peso insostenibile. Jack (molto efficacemente interpretato da Francesco Gheghi) arriva così a negarne l’esistenza di fronte ai nuovi amici del liceo e ad Arianna. Le bugie, si sa, hanno le gambe corte e ben presto Jack sarà “costretto” a dire la verità: lo scoprirsi comunque amato dai genitori e accettato per quello che è dagli amici gli faranno comprendere e accogliere fino in fondo Gio, la sua vitalità e il suo particolarissimo modo di vedere il mondo. Il film è lieve e profondo al tempo stesso. I problemi quotidiani che vive questa famiglia – peraltro molto unita e solare –, dalla solitudine all’abbandono che spesso sperimenta da parte di amici (imbarazzati) e istituzioni (praticamente inesistenti), non vengono nascosti, ma non sono il focus principale sul quale si muove il film. Il regista, muovendosi sul binario del romanzo, si accosta alla disabilità in maniera rispettosa e garbata, con uno sguardo fresco e giovanile; vengono evitati prevedibili stereotipi e generalizzazioni, anche se la narrazione non è sempre compatta. Nel complesso “Mio fratello rincorre i dinosauri” è un racconto che alterna momenti umoristici a sguardi più asciutti, realistici, ispirandosi a una storia vera. Dal punto di vista pastorale il film è da valutare consigliabile, problematico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione valutazione film della CEI).