Le riflessioni di suor Barbara Danesi e di Rocco Bello, in Assemblea delegati rispettivamente delle terziarie francescane elisabettine e del vicariato dell’Arcella
Una palestra per esercitare
capacità di confronto e scelta
Ripensando all’assemblea sinodale diocesana, nel percorso che sta volgendo al termine, mi rendo conto di aver percorso un viaggio importante nella conoscenza sempre più approfondita della porzione di Chiesa in cui vivo e della mia personale esperienza di fede. Sto incontrando cristiani, uomini e donne, che sono per me testimoni significativi della ricchezza e della diversità che fa bella la Chiesa che è in Padova; sto sperimentando processi decisionali che, mettendo in moto riflessioni, dialoghi e anche intense discussioni, parlano in modo significativo alla mia vita di cristiana e di consacrata.
Il discernimento comunitario a cui siamo chiamati dentro l’assemblea sinodale, fatto di studio, riflessione, dialogo, scelte è una esperienza per me non nuova nel suo processo; penso ai Capitoli della mia congregazione e agli incontri settimanali nella mia fraternità che sono, in fondo, esperienze sinodali.
L’esperienza che sto vivendo mi rimandata continuamente all’esercizio del discernimento comunitario di cui faccio esperienza in casa ed è una palestra per ampliare la capacità di confronto e di scelta. La sinodalità, con la sua dinamica partecipativa, suggerisce al mio essere consacrata un impegno più intenso e attivo alla vita comunitaria. Per questo sono grata.
Nello stesso tempo, dalla relazione con le mie sorelle, dalla condivisione dei vissuti personali, dalla valorizzazione delle diverse prospettive, dalla preghiera comunitaria e dalla riflessione raccolgo stimoli e suggerimenti per vivere in pienezza l’esperienza del Sinodo diocesano e per portare, da consacrata, il mio semplice contributo.
Anche l’aspetto del servizio, per me suora francescana elisabettina, ha il colore della sinodalità. I bisogni dell’umanità che incontro, che incontriamo chiedono riflessione comune, confronto costante con la Parola di Dio e lettura sapienziale della Storia; chiedono pensiero e discernimento prolungati con tutti i soggetti in campo per poter progettare azioni concrete a favore dei poveri, dei piccoli, degli ultimi; chiedono una gestione partecipativa delle risorse umane e non, garantendo che la carità sia vissuta con responsabilità.
La sinodalità diventa così un trampolino di lancio perché ogni buona pratica di carità divenga riflesso dell’amore trinitario che abbraccia ogni creatura e fa emergere in essa l’immagine di Dio.
Teniamo viva la dinamica sinodale, coltivando un clima di ascolto e di rispetto delle diversità, favorendo il confronto attivo e continuativo tra diocesi e consacrati e l’assunzione sinergica di responsabilità, consapevoli di camminare tutti verso un obiettivo comune che è il vivere pienamente la personale vocazione battesimale e diventare santi.
sr Barbara Danesi, delegata Terziarie francescane elisabettine in Assemblea sinodale
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I frutti dell’esperienza sinodale
Fra pochi giorni si concluderà l’impegnativo processo sinodale che ha coinvolto la nostra Diocesi negli ultimi tre anni. Al di là delle conclusioni formali e delle decisioni che saranno assunte, il percorso ha già prodotto dei risultati nei partecipanti e nella consapevolezza della comune appartenenza alla Chiesa.
La prima acquisizione può essere riassunta nel motto reso celebre da don Milani, “I care”, mi sta a cuore, me ne prendo cura, nel quale si riassume l’atteggiamento fondamentale della partecipazione alla vita della Chiesa, che si traduce nel farsi carico dei problemi, nell’offrire il proprio contributo, nel sentirsi corresponsabili.
Questa consapevolezza, cresciuta grazie al metodo del discernimento, ci ha condotti a condividere, a confrontarci, a comunicare, a ricercare insieme una soluzione alle questioni poste dalla preliminare fase di ascolto delle diverse realtà e territori della Diocesi.
Nello stesso tempo abbiamo percepito come la nostra presenza andasse oltre la dimensione personale, per diventare rappresentativa di sensibilità e prospettive diverse che arricchiscono la vita della Chiesa; nello stile dell’appartenenza a un corpo, a una comunità, che esprime la bellezza della propria unità senza rinunciare alle dinamiche della diversità e della complessità, che sono tipiche anche della cultura contemporanea.
Ci siamo posti di fronte ai problemi e alle sollecitazioni nella ricerca e nella cura a cogliere “i segni dei tempi”, a leggere le situazioni nella prospettiva del futuro possibile, più volte sollecitati a lasciarci guidare e sorprendere dalla novità dello Spirito, disponibili a considerare strade che non appartengono ancora al nostro orizzonte.
Che cosa resta di questo sinodo, che cosa porteremo nelle comunità, quale potrà essere il frutto “nascosto”, quello non citato nei documenti conclusivi?
Credo, l’invito a non stancarsi di ricercare insieme, nell’essere costruttori di ponti e di comunità; una rinnovata fiducia a non temere il futuro e a riconoscere i segni della presenza del Signore che ci precede; infine una nuova capacità di relazione, di dialogo e di corresponsabilità nella Chiesa, che anche in questo modo diventa segno e fermento di una comunità più ampia e inclusiva.
Rocco Bello, delegato vicariato Arcella in Assemblea sinodale