La nostra cittadinanza è nei cieli (Fil 3,20) e la viviamo sulla terra facendo la nostra parte nell’organizzare il nostro stare insieme con modalità partecipate e istituzioni che rendono le comunità capaci di prendersi cura di se stesse e di “sognarsi”. La comunità cristiana è quella parte di comunità civile che ha piena consapevolezza che «il tempo è superiore allo spazio» (EG 222).
Essa vive il momento presente sapendo che è un frammento di eternità e quindi sostiene scelte politiche che attivano dinamiche di coinvolgimento nella presa in carico delle situazioni, in modo che queste ultime non siano pretesto per occupare posizioni, bensì occasioni di servizio condiviso. È così che il bisogno di un angolo di terra, non resta ostaggio di chi ne fa l’alimento del proprio potere o prestigio, ma spalanca al benessere di ciascuno e della società intera come fosse un orizzonte infinito di cielo. Non vi è nulla di facile e scontato: gli interessi in atto sono molteplici, le idee varie e spesso vaghe, plurimi sono gli approcci e sempre complesse le dinamiche. Spesso ci spaventa la gestione della complessità ed evitiamo il confronto per timore che si trasformi in scontro, semplifichiamo le questioni evitando di comprendere; come se farci un minimo di competenza in merito a quel che ci riguarda, procurasse un insostenibile affollamento del nostro spazio mentale e ci deprivasse del nostro tempo vitale. Il cristiano nella sua azione e la comunità cristiana nella sua relazione sono esempio di composizione. Sentono che l’unità è il desiderio essenziale della nostra esistenza e da questo traggono senso ed energia per la paziente e faticosa tessitura delle differenze fino a poter realizzare le parole del Padrenostro «come in cielo così in terra».
È nostro compito dare voce alle differenze e comporle in unità come in un’orchestra, in cui la musica di ogni strumento concorre a creare l’armonia. Non possiamo permettere che alcun suono sia soffocato, né che vi siano suoni prevalenti che si impongono e si contrappongono (cfr. EG 226) se vogliamo che la ricchezza della realtà e di una realtà nuova, possa contribuire alla costruzione della società. Questo implica essere uomini e donne di grandi virtù, disposti a sottoporsi alla costante fatica del discernimento. Nessuno di noi può sentirsi chiamato fuori dalla partecipazione attiva alla vita civile della propria comunità, se si dice cristiano. Essere cristiani non è un’idea, è una realtà e come tale deve vedersi e toccarsi. In politica siamo cristiani realmente quando ci occupiamo del nostro territorio, della nostra comunità civile, votando in modo consapevole, accompagnando i processi decisionali, partecipando all’amministrazione pubblica e compiendo tutto ciò con generosità di impegno e libertà di cuore.
Da spettatori abbiamo sempre un sacco di idee su come gestire la partita, ma solo entrando in campo ci rendiamo conto della realtà e possiamo dare un contributo alla squadra (cfr. EG 231). Quanto sarebbe bello se le nostre parrocchie fungessero da campi da gioco dove le comunità cristiane disputano le loro partite pre-politiche e pre-partitiche, il cui esito divenisse fermento per la politica e per modalità sapienti d’amministrazione!
Vanno ricercati nuovi assetti per una gestione trasparente dei beni comunali come parrocchiali, un protagonismo dei poveri nel comune come nella parrocchia, una condivisione delle risorse e dei talenti comunali come parrocchiali, una prospettiva unitaria dei comuni come delle parrocchie, un’intransigente e piena attenzione alla cura dell’ambiente ovunque e da parte di tutti.
Il lievito è potenza di vita quando si mette nella farina, così come una piccola parte di cristiani che si mettono nel tutto della folla, testimoniando che esiste una cittadinanza che supera tutti i confini. Curiamo il paesello perché continui a dare salde radici anche alle prossime generazioni e adoperiamoci perché esse possano dirsi concretamente cittadine non solo d’Europa, ma del mondo (cfr. EG 234). Sappiamo che la nostra cittadinanza è nei cieli: sappiamo di possedere tutto e non perdiamo tempo ad appropriarci di spazi, non rinunciamo alla pace per sperimentare la forza del conflitto, non ci lasciamo ingannare dalle idealità e viviamo nella realtà, non ci perdiamo in piccinerie e perseguiamo il bene di tutti… viviamo nel mondo cittadini del cielo.
sr Francesca Fiorese, direttrice dell’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro