Credo sia importante inizialmente definire i termini. Per cui quando diciamo “vita consacrata” cosa intendiamo? Intendiamo quella forma di vita dove, dopo lo sconvolgente incontro con il Signore, un uomo, una donna accettano, dentro il proprio tempo, dentro la storia, e dentro una geografia, di “essere messi da parte” (significato del termine consacrato) per testimoniare con la propria vita la radicalità evangelica. Nel rapporto continuo con il Signore che diventa per loro l’Assoluto, il Totalizzante si impegnano con gioia, attraverso i voti di obbedienza, povertà e castità, a “confermare”, con la vita e con le opere, la passione, l’amore, la tenerezza che Dio ha per l’uomo, per ogni uomo. Amore, passione, tenerezza che hanno sperimentato in prima persona e che per questo possono testimoniare. I consacrati sono dei “decentrati”, come diceva papa Francesco: Dio e l’uomo sono i loro unici interessi; non sono altro che dei “ripetitori ad alto voltaggio” della vita e del messaggio di Cristo. Danno “campo”, “rete” al Vangelo, prima di tutto con il loro essere, poi con il loro fare, alcuni vivendo la fraternità e incarnando il carisma dei propri fondatori – riconosciuto dalla Chiesa – che dà forma alla specifica spiritualità di ogni Istituto/Congregazione. Incontrati da Cristo non possono non incontrare l’uomo, specie quello che vive nelle “periferie”.
In quanti modi e forme si configura la vita consacrata?
La vita consacrata è dono dello Spirito e sappiamo bene che Lui non si lascia battere in creatività e fantasia. È attento alla storia e alle persone. Sa di che cosa storia e persone hanno bisogno. Per questo la vita consacrata, in seno alla Chiesa, si configura in diverse forme dando la possibilità a ogni “chiamato” di trovare il “proprio posto”:
– Istituti dediti totalmente alla contemplazione – ordini monastici
– Istituti di vita apostolica
– Istituti secolari
– Società di vita apostolica
– Eremiti ed eremite
– Ordine delle vergini
– Ordine delle vedove
(Per un maggiore approfondimento confrontare l’Esortazione Apostolica “Vita Consecrata”)
Ora la nostra Diocesi, con grande impegno, sta celebrando il Sinodo. Le varie espressioni di vita consacrata si sono sentite molto interpellate dai Gruppi di discernimento sinodale. Risulta importante la domanda: cosa può dire il Sinodo sulla vita consacrata?
Quello che diceva l’arcivescovo di Gorizia, mons. Dino De Antoni, nel 2009: «Credo che se una Chiesa locale non riesce a capire l’importanza o sminuisce o non mette in evidenza a sufficienza la presenza dei consacrati e delle consacrate è una Chiesa zoppa». Attenzione, dunque, a non considerare la vita consacrata una stampella. Ciò che conta è camminare insieme accanto, in riga non in fila.
È l’aspetto profetico della vita consacrata che va riconosciuto e rivalutato. Profezia a 360° nell’essere: l’assoluto di Dio in un mondo che lo nega; l’obbedienza a Lui che si fa attenzione alla storia e incarnazione in seno alla storia; la povertà che è minorità a fronte di una logica di autoreferenzialità e potere; la castità che è donazione totale in un mondo che fa dell’edonismo e del consumismo relazionale la sua bandiera. Profezia a 360° nel fare: «opere che testimoniano una capacità mai stanca di sporcarsi le mani, di mettersi in gioco, di inventare percorsi di guarigione e liberazione, di promozione umana e prossimità evangelica. Le variegate ferite degli ultimi spesso, per i consacrati, sono feritoie per vedere oltre e più ampiamente, e generano forme di diaconia, per coscientizzare i distratti davanti al groviglio delle ingiustizie, per offrire il balsamo della solidarietà e della tenerezza, della dignità e della speranza a chi non ha mai conosciuto rispetto e fraternità».[1]
Il Sinodo può dire che i consacrati con la loro vita sono i “post-it” nel mondo: necessari perché fanno da “pro-memoria”, ricordando ai credenti la bellezza, la libertà e l’urgenza della radicalità evangelica.
suor Donatella Lessio, segretaria diocesana Usmi
[1] Le sfide attuali della/alla vita consacrata in Europa – Bruno Secondin, carmelitano