La Chiesa nel dibattito pubblico

Lettera diocesana 2024/06

Appunto.
Marco Ferrando – vicedirettore di Avvenire  – e Paolo Piacenza – coordinatore attività del Master in Giornalismo dell’Università degli studi di Torino – scrivono: «In un mondo occidentale che ha per molti versi smarrito la prospettiva dell’avvenire (collettivo) e del futuro (personale), esiste una domanda di senso e di ordinamento della realtà in tumultuoso cambiamento… Il mondo è semplicemente diverso da come ce lo siamo sempre immaginato e lo spaesamento inevitabile che accompagna questa scoperta non giustifica la rinuncia a capirlo, a raccontarlo, a parlarne con gli altri». (Aggiornamenti Sociali, n. 3/2024).

Il testo completo consente molteplici altri sentieri.
Ancora una volta ci ri-troviamo con due belle competenze, che si saldano a due millenni di riflessione e comunicazione dopo il mattino di Pentecoste.

Lì, infatti, ci sono le basi dell’essere “con” le persone, e quindi anche in grado di ascoltare e proporre, con mitezza e sapienza, determinazione e leggerezza, puntualità e lungimiranza.

Anche in un tempo di straordinaria complessità come quello che viviamo? Sì, pur sapendo che il chiacchiericcio è in agguato, e il dibattito pubblico può talora apparire sbiadito, appannato, sciatto.

E tuttavia, non casualmente, la Relazione di sintesi  della 1^ Sessione della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi  presenta – al numero 17 – questa annotazione :

«La cultura digitale rappresenta un cambiamento fondamentale nel modo in cui concepiamo la realtà e ci relazioniamo con noi stessi, tra di noi, con l’ambiente che ci circonda e anche con Dio. L’ambiente digitale modifica i nostri processi di apprendimento, la percezione del tempo, dello spazio, del corpo, delle relazioni interpersonali e il nostro intero modo di pensare. Il dualismo tra reale e virtuale non descrive adeguatamente la realtà e l’esperienza di tutti noi, soprattutto dei più giovani, i cosiddetti nativi digitali».
Il testo completo è disponibile in Il Regno – Documenti n. 21/2023.

E facilita molti possibili percorsi su modi e strumenti per “essere” ed “esserci”, entro i grandi numeri della comunicazione nel XXI secolo, e con la solida intelligenza delle sfide e delle opportunità.

Scriveva Tullio De Mauro nel 2007: «Senza linguaggio niente polis, niente possibilità per gli umani di essere la specie vivente “più aggregata”: perché lo sia, perché possa edificare la vita comune, alla specie umana la phýsis ha dato il logos, la capacità di parlare.
Il parlare ha dunque radice nella storia naturale della specie e nella vocazione politica che la natura le ha assegnato».

 Appunto.

Gianni Saonara,  membro dell’Ufficio diocesano Pastorale sociale e  del lavoro