La formazione spirituale per gli aspiranti e i candidati al diaconato permanente mira innanzitutto a definire i confini che strutturano la spiritualità cristiana. Il motivo di tale scelta formativa dipende dalle interpretazioni a volte vaghe o ambivalenti che si dà di essa.
Far coincidere la spiritualità cristiana con “realtà interiore”, “vita interiore” rischia di cadere nel generico, nell’individualistico, se non relativistico. La spiritualità cristiana è la «via secondo lo Spirito del Cristo Risorto: è un modo di vivere, un modo di essere uomini e donne, uno stile di stare al mondo, caratterizzato appunto dal riferimento allo Spirito di Gesù Cristo. Spiritualità è dunque la fede in quanto vissuta concretamente non semplicemente proclamata o affermata. Non è una realtà che interessa solo l’intelligenza o il sentire, l’ambito delle emozioni, né solo l’interiorità, bensì tutti i livelli, le dimensioni dell’esistenza umana e credente… non solo l’anima ma la storia e non solo sotto il profilo individuale ma comunitario, ecclesiale».
Chiarito ciò possiamo entrare nella spiritualità che caratterizza il candidato al diaconato permanente e naturalmente il diacono.
In che modo il diacono vive la docilità allo Spirito Santo e la sequela di Gesù?
Il Concilio afferma che l’esercizio concreto del ministero è luogo di autentica esperienza spirituale: il diventare come Gesù Cristo, l’assimilazione profonda a Lui. E l’assimilazione a Cristo ha una vera funzione sanante, attua una vera conversione e una reale salvezza. L’esercizio del ministero, che è un “ministero dello Spirito” consolida nel ministro ordinato la vita spirituale. È nel compimento del loro ministero, nello svolgimento delle funzioni che sono loro affidate, che i diaconi sperimentano la reale partecipazione al ministero di Cristo stesso cioè la condivisione della sua stessa carità: amano come Dio ama, servono come Dio serve… accompagnano come Dio accompagna. Ne è conferma quanto viene delineato dal Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti al n. 51: «Fonte primaria del progresso nella vita spirituale è senza dubbio l’adempimento fedele e instancabile del ministero in un motivato e sempre perseguito contesto di unità di vita. Questo, esemplarmente adempiuto, non solo non ostacola la vita spirituale, ma favorisce le virtù teologali, accresce la propria volontà di donazione e servizio ai fratelli e promuove la comunione gerarchica». Il diaconato permanente è a servizio del popolo di Dio, serve il battesimo di ogni credente che avvicina e in quanto tale la sua giusta collocazione è nel ministero esercitato. Il sacramento dell’ordine non viene mai conferito dalla Chiesa a titolo personale ma in vista dell’edificazione della comunità cristiana. Il diacono permanente trova nella Chiesa locale, attraverso una relazione particolare con il vescovo, quelle esperienze di servizio, specifiche del territorio (nella Chiesa di Padova: il Carcere, l’Opera della Provvidenza, le Cucine economiche popolari, le missioni…) che contribuiscono a dare fisionomia al proprio ministero e quindi alla propria spiritualità.
E la preghiera? La preghiera avrà il tono, il clima, i contenuti dell’esperienza spirituale vissuta nel ministero e a sua volta lo plasmerà, gli darà forma nella misura in cui sarà accoglienza del mistero di Cristo servo che si comunica nell’Eucaristia e nella Parola. C’è una circolarità virtuosa. Altra sorgente di autentica spiritualità è il matrimonio per i diaconi sposati. Nel Direttorio si dice che il matrimonio è un dono di Dio che deve alimentare la vita spirituale del diacono sposato. Il matrimonio per il diacono è un esempio di amore in Cristo che avrà una ricaduta importante nel suo ministero. L’esperienza familiare è una specie di scuola di servizio che arricchisce e affina la stessa diaconia che scaturisce dal sacramento dell’ordine.
Grazie ai diaconi per la passione e la gioia di essere servi nell’adesione alla persona e alla missione di Cristo Servo.
don Antonio Oriente, direttore spirituale della comunità del Diaconato permanente