Da leggere e da vedere 2022/05

Da leggere 2022/05

SINODO: IL CAMMINO DELLA CHIESA ITALIANA

Credere Oggi. Rivista bimestrale di divulgazione teologica, Sinodo: il cammino della chiesa italiana, Edizioni Messaggero Padova, 2022, pp. 198, 9,50 euro

Un contributo per avviare un cammino sinodale in Italia. Richiesto dallo stesso Francesco, perché urge ed è necessaria una profonda riforma della comunità ecclesiale italiana, che non potrà mai darsi senza un coinvolgimento reale di tutti qualsivoglia sia l’età, il sesso o lo stato di vita: laici e clero, giovani e donne, consacrati e preti, compresi i più marginali come i poveri e gli anziani, per farci tutti insieme corresponsabili. Non possiamo restare fermi su pratiche inamovibili, la grazia di Dio non si limita ai sacramenti, dobbiamo aprirci a scoperte insospettabili, essere comunità in movimento, chiese in cammino. Dobbiamo riesaminare strutture, processi e modalità di esercizio del potere, potenziare le sinergie in tutti gli ambiti della missione, prendere parte attiva iniziando subito ad ascoltarci gli uni gli altri.

Gli autori. La rivista CredereOggi è pubblicata da più di quarant’anni dalle Edizioni Messaggero Padova sotto la responsabilità dei Frati minori conventuali di sant’Antonio di Padova. Hanno contribuito a questo numero: Giacomo Canobbio (Facoltà Teologica dell’Italia Settenrionale – Milano), Riccardo Battocchio (Pontificia Università Gregoriana – Roma; presidente dell’Associazione Teologica Italiana; rettore del Collegio Capranica), Augusto Barbi (Facoltà Teologica dell’Italia Settenrionale – Verona), Vito Mignozi (Facoltà Teologica Pugliese – Bari-Molfetta), Letizia Tomassone (Facoltà Valdese di Teologia – Roma), Donata Horak (Studio Teologico Collegio Alberoni; Scuola di Teologia – Piacenza), Luciano Meddi (Pontificia Università Urbaniana – Roma), Rafael Luciani (Universidad Catòlica Andrés Bello – Caracas; School of Theology and Ministry del Boston College – Chestnur Hill, Commissione teologica del Sinodo), Serena Noceti (Istituto Superiore di Scienze Religiose “Santa Caterina da Siena” della Toscana – Firenze),   Fabrizio Mandreoli (Facoltà Teologica dell’Emilia-Romagna), Simona Segoloni Ruta (Istituto Teologico di Assisi).


UNA CHIESA TRASFORMATA DAL POPOLO

Hervé Legrand, Michel Camdessus, Una chiesa trasformata dal popolo. Alcune proposte alla luce di Fratelli tutti, Paoline Editoriale Libri, 2021, pp. 160, 16,00 euro

L’economista Michel Camdessus – curatore dell’opera – e il teologo Hervé Legrand danno voce alle “voci”, molte, di laici impegnati che prendendo seriamente l’invito di papa Francesco a trasformare la Chiesa vogliono insieme riflettere e dare il proprio contributo. Nella prima parte del libro a un’analisi dei problemi della Chiesa – clericalismo, abusi sessuali, autoritarismo…, fa eco una serie di proposte alla luce di Fratelli tutti: l’invito a vivere una fraternità concreta, “cancellando” quelle false gerarchie tra uomini e donne, preti e fedeli ecc. in una comune e piena responsabilità di tutti i cristiani, l’appello a intraprendere un cammino sinodale per preparare la Chiesa a delle “riforme” fondate e necessarie. La seconda parte – scritta dal teologo Hervé Legrand – contiene contributi con note storiche e teologiche, che offrono un solido fondamento alle proposte formulate dai laici.

Gli autori. Hervé Legrand è prete domenicano francese, specializzato nel campo dell’ecumenismo e della ecclesiologia. Professore emerito dell’Institut Catholique di Parigi, esperto per il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, è inoltre consigliere della Accademia Internazionale di Scienze religiose.

Michel Camdessus è un economista francese. È stato governatore della Banca di Francia (1984-1987), direttore del Fondo Monetario Internazionale (1987-2000), membro del Pontificio Consiglio Justitia et pax e dell’Africa Progress Panel per lo sviluppo del continente africano.


Da vedere 2022/05

DRIVE MY CAR

di Hamaguchi Ryusuke
drammatico, 180 min

Hamaguchi Ryusuke, classe 1978, nel 2021 pochi mesi dopo aver conquistato l’Orso d’argento, gran premio della giuria al Festival di Berlino per “Il gioco del destino e della fantasia” si aggiudica anche il Premio per la miglior sceneggiatura al Festival di Cannes con “Drive my car”. Tratto dall’omonimo racconto di Murakami Haruki e pubblicato in Italia da Einaudi in “Uomini senza donne” (2015), il film è una profonda riflessione sul potere delle parole, sull’amore, sulla sincerità e sulla possibilità/necessità di costruire rapporti autentici. La storia. Kafuku, attore e regista teatrale, vive con la moglie Oto, sceneggiatrice. Un giorno, complice un volo rinviato, rientra a casa inaspettatamente e la trova tra le braccia di un altro. Senza far rumore, senza che lei se ne accorga, si allontana e decide di far finta di niente. Non vuole parlare con la moglie, non vuole e non può uscire dal silenzio nel quale entrambi si sono rifugiati dopo la morte, a soli quattro anni, della loro bambina. Qualche tempo dopo, una sera, tornando a casa, la trova a terra esanime: morirà poco dopo per emorragia cerebrale. Passati due anni Kafuku va a Hiroshima dove, con una compagnia di attori che parlano ciascuno la propria lingua (giapponese, cinese, filippino e lingua dei segni), lavora all’allestimento dello “Zio Vanja” di Anton Čechov. Abituato ad ascoltare e memorizzare il testo durante i viaggi nella sua Saab rossa, grazie alla versione registrata dalla moglie, Kafuku è però costretto dalla produzione ad accettare un’autista: la giovane Misaki, riservata e spigolosa. Giorno dopo giorno, viaggio dopo viaggio, Kafuku e Misaki, superando diffidenze e paure, cominceranno a raccontarsi e, tra confessioni e rielaborazioni di traumi, troveranno conforto reciproco e speranza per il futuro. “Drive my car” è un film lungo, lunghissimo (180’). Tre ore dense di emozioni e parole: quelle immortali di Čechov e quelle che i personaggi fanno fatica a dirsi. Chiusi in sala prove o nell’abitacolo della Saab rossa di Kufuku, impareranno a mettersi in gioco, ad ascoltare, ad aprirsi agli altri, a perdonare e a perdonarsi. Il regista Ryusuke, con maestria e eleganza, li conduce lentamente, “senza scosse”, ma inesorabilmente al punto di svolta personale e professionale, suggellato dal traguardo della messa in scena dello “Zio Vanja”, in una performance struggente, corale ed inclusiva. Dal punto di vista pastorale “Drive my car” è complesso, problematico e adatto per dibattiti (a cura della Commissione nazionale valutazione film della CEI).

 


L’IMPORTANZA DI INIZIARE DA UNO

di Alice Tommasini
documentario, 60min

Per la Giornata mondiale della salute la Rai rilascia su Rai re e sulla piattaforma RaiPlay il bel documentario “L’importanza di iniziare da uno” scritto e diretto di Alice Tomassini (“Churchbook”), una produzione Officina della Comunicazione con Rai Documentari, in collaborazione con l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Si tratta del diario di bordo di un padre, di un’intera famiglia, che da un lato affronta il male al cuore proprio bambino, dall’altro cerca di rendersi utile per la ricerca scientifica a favore di tutti gli altri piccoli pazienti nella struttura ospedaliera della Santa Sede. Un racconto realistico, onesto, asciutto, dove il dolore si mescola alle tenerezze; una storia che parte dai lidi della sofferenza per veleggiare poi verso l’orizzonte della speranza. La storia. Davide Passaro è un quarantenne, sposato con Stefania, genitori di Giacomo e del piccolo Mattia. Davide è laureato in fisica, insegna al liceo e conduce un dottorato di ricerca in statistica all’Università Sapienza di Roma. Il piccolo Mattia è malato di cuore sin dalla nascita, in cura presso il polo ospedaliero del Bambino Gesù. Incapace di rassegnarsi al dolore e alla disperazione, Davide ha deciso di reagire e di trasformare tutta quell’energia negativa in impegno lavorativo: sviluppare un algoritmo di intelligenza artificiale capace di analizzare le cartelle cliniche dei piccoli pazienti e rintracciare così informazioni utili per la guarigione. “L’importanza di iniziare da uno” è un documentario che conquista non per la formula del medical drama, bensì per la testimonianza di un padre, di una famiglia, che risponde con resilienza alla disperazione, che decide di domarla e convertirla in azione, in un cammino di speranza. Il film è gestito con mestiere e prudenza dalla Tomassini, che non si abbandona mai al facile commovente, ma mantiene sempre la linea della storia sul binario del rispetto. E regala emozioni. “L’importanza di iniziare da uno” è consigliabile, semplice, adatto per dibattiti (a cura della Commissione nazionale valutazione film della CEI).