L’invito a concentrarsi sull’essenziale è rivolto ai i discepoli di Gesù fin dai tempi delle sorelle di Betania (Lc 10,38-42), e assume una rilevanza particolare nei cambiamenti d’epoca come quello che stiamo attraversando. Anche nel sinodo diocesano che ci apprestiamo a celebrare questo aspetto è stato indicato come vera e propria urgenza pastorale «non più procrastinabile»[1].
Dalla fase di primo ascolto e preparazione che ha caratterizzato questi ultimi mesi, è quindi emerso in modo netto come vada «definito meglio che cosa si ritiene essenziale per una comunità cristiana impegnata nell’annuncio del angelo».
A questo tema si collegano anche altri elementi emergenti, come quelli relativi alle famiglie («oggi non esiste un vissuto univoco di famiglia, perché le realtà sono molteplici»), alla comunicazione della fede (“«emerge la necessità di ritornare all’essenziale») e ai giovani («quale profezia per la Chiesa di oggi può nascere dai giovani?»).
Soltanto l’ascolto sinodale dello Spirito permetterà di definire quali siano gli elementi essenziali per l’annuncio nelle parrocchie di oggi e di domani. Dagli spazi di dialogo sono emersi tuttavia già alcune pietre di inciampo e alcuni orizzonti stimolanti.
“Il rischio dell’autoreferenzialità” – uno dei pericoli latenti, nella difficile ricerca dell’essenziale, è cercare di “tagliare corto” imponendo un punto di vista – in questo modo la lunga durata dell’esperienza, la profondità delle conoscenze, il “peso” dell’autorità diventano “armi” utili perché i molti si adeguino alle priorità di uno o di pochi; talvolta si ha fortuna, perché ad affermarsi è la visione di un profeta – più spesso avviene che in questo modo venga scambiato per essenziale ciò che è semplicemente parziale.
La falsa sicurezza dei “programmi consolidati” – un’altra scorciatoia (in realtà un vicolo cieco) verso l’essenzializzazione consiste nell’adagiarsi in “schemi e abitudini che fanno sicurezza” – non serve scegliere, basta adattarsi alle priorità che vengono stabilite dall’alto; non occorre discutere, basta aprire il libretto e leggere quali obiettivi propone; e così – ogni anno un nuovo “tema”, un nuovo orientamento, un nuovo elenco di obiettivi; di certo gli stimoli che vengono periodicamente consegnati possono aprire a prospettive inattese, ma può avvenire anche che in questo modo ci si concentri più sul quadrante della bussola con la bellezza del paesaggio, smarrendo cioè le vere priorità.
Pochi… ma buoni? – può capitare anche che l’essenzialità venga confusa con il risultato della massiccia “dieta dimagrante” cui il contesto socioculturale in cui siamo inseriti sta costringendo molte parrocchie; a volte ci si consola con l’idea che alla diminuzione della quantità debba corrispondere necessariamente una crescita della qualità – un pensiero forse un po’ narcisistico e probabilmente spesso illusorio.
“Da una pastorale di conservazione a una di evangelizzazione e di missione” – tra le intuizioni emerse e consegnate al cammino sinodale che si sta aprendo emergono: il «bisogno di mettere al centro le relazioni e la vita comunitaria», l’invito perciò a «lasciare più spazio alle domande delle persone e all’annuncio del Vangelo» a «non ridurci al fare» e soprattutto collegare le proposte alla vita delle persone «per andare in profondità, per scoprire il cuore della fede e condividerlo».
L’invito alla “profondità” come dimensione chiave dell’essenzialità suggerisce l’immagine del seme – è piccolissimo, ma se viene piantato a fondo nella terra presto si schiude, generandola meraviglia tutta la pianta che contiene in potenza.
“Andare all’essenziale” non vuol dire “rompere con tutto ciò che non si adatta a noi, perché nemmeno Gesù è venuto ad abolire la legge, ma a portarla al suo compimento; è piuttosto andare in profondità, a ciò che conta e ha valore per la vita”.
Papa Francesco – Medellin 2017
Francesco Simoni, Commissione preparatoria del Sinodo diocesano della Chiesa di Padova