La parrocchia così come la conosciamo è ancora il luogo adeguato per vivere delle relazioni significative e incontrare il Signore?
Lo sappiamo che per definizione è chiamata a essere un luogo fisico e concreto dove ritrovarsi nella fede e intessere relazioni.
Ma, ora più che mai, complice la pandemia è lecito farsi questa domanda.
Il volto della parrocchia oggi si identifica come il luogo dei servizi religiosi dove, diventa assolutamente necessaria in determinanti momenti della vita di una famiglia, di una coppia o altro; dove si vivono anche delle esperienze intense che però molto spesso non proseguono in un cammino comunitario ma magari si cristallizzano in una foto ricordo nel salotto di casa.
Le nostre parrocchie sono generalmente considerate dai nostri giovani troppo statiche, a volte antiquate e sofisticate rispetto ai loro stili di vita smart, dinamici e fluidi e in alcuni momenti si presentano con un volto troppo severo fatto di riti datati e poco vissuti, dove il risuonare del “si è sempre fatto così” le rende poco appetibili.
Eppure, anche papa Francesco ci dice che i tempi cambiano e noi cristiani dobbiamo cambiare continuamente imparando a leggere i segni dei tempi.
Le parrocchie sono chiamate a lasciarsi interpellare dalle “novità” dell’oggi come la presenza sempre maggiore di cristiani di altre confessioni, di persone di religioni diverse da quella cristiana, di persone di altre lingue e culture; dai grandi cambiamenti sociali.
Ma più di tutto devono lasciarsi interpellare dalla Parola di Dio che «è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore» (Ebrei 4,12-13).
Così, nello stile del prendersi cura gli uni degli altri, che è proprio del Vangelo, la parrocchia continuerà a essere un luogo accogliente per gli ultimi e chi soffre ma allo stesso tempo sarà il volto dolce di una madre che sa avvicinarsi a coloro che sono in ricerca.
Certo, le parrocchie dovranno aggiornare i linguaggi, saper valorizzare i ministeri e i carismi di tutti, preti, consacrati e laici. Come in un’unica famiglia dove le fatiche vengono condivise e le gioie sono di tutti.
Questo volto, dunque, è in forte transizione: ci sono dei punti fissi che ancora lo caratterizzano, altri da ridisegnare. Sicuramente è un percorso articolato che ci chiede di essere vissuto più che di trovare un modello definitivo il prima possibile.
Ma alla base, l’incontro con Cristo.
Tania Ruzzon, Commissione preparatoria del Sinodo diocesano della Chiesa di Padova