È difficile parlare dei centri parrocchiali di oggi senza confrontarli con i patronati di ieri: le strutture e gli edifici sono rimasti gli stessi, ma sono cambiati i frequentatori. I giovani, che un tempo avevano quasi l’esclusiva, hanno visto arrivare bambini, mamme, adulti e anziani che spesso non gradiscono le intemperanze tipiche dell’adolescenza. In effetti, per i bambini e per le nonne attraversare un cortile nel quale i ragazzoni fanno a pallonate può dare la sensazione di non essere al sicuro. Da qui a chiedere ai giovani di “giocare pianino” il passo è breve, ma ancor più breve è per i giovani il passaggio a non sentirsi accolti e a spostarsi altrove. Per i bimbi e le nonne il problema è risolto, ma la parrocchia ha perso un’occasione di incontro con quelli per i quali sono stati costruiti i patronati, spesso con grandi sacrifici economici.
Intendiamoci: non è facile convivere con un gruppo di adolescenti che sfogano le loro energie in esubero e magari anche qualche (grosso?) problema personale gridando e prendendo a calci una palla e occasionalmente anche i compagni di gioco e l’arredo esterno. Gli inviti alla calma spesso generano reazioni contrarie, ma d’altra parte è necessario anche porre dei limiti agli eccessi.
Da quando sono seduto su una sedia a rotelle assomiglio un po’ al protagonista del film di Hitchcock “La finestra sul cortile”: per fortuna non assisto a delitti, anche se a volte certe urla provenienti dal campo da gioco me li fanno temere, ma guardo e ascolto. Mi sono fatto l’idea che nel territorio del centro parrocchiale la tribù più forte impone le sue leggi, magari a turno. C’è una festa di bambini? C’è un gruppo di persone anziane? C’è una partita di calcetto o di basket? Il gruppo più numeroso e più forte occupa gli spazi che gli servono, mentre gli altri devono farsi un po’ da parte o andarsene. Quando i giovani erano più numerosi il patronato era la loro prateria, mentre oggi la tribù si è molto indebolita ed è forte la tentazione di chiuderla nelle riserve. Ma nelle riserve, giustamente, non ci vogliono stare: fin da piccoli sono stati guardati a vista h24 da adulti (genitori, babysitter, insegnanti, allenatori) e ora vogliono scrollarsi di dosso le regole. Prima che arrivassero gli smartphone gironzolavano in motorino: la libertà era a due ruote. Ora mi sembra che siano i social a offrire quegli spazi virtuali nei quali non dover rendere conto a nessuno, ma nonostante questo e le distanze imposte dal Covid, non credo abbiano smesso di incontrarsi. Solo che non lo fanno in patronato: lì ci sono regole e adulti incavolati che ne pretendono il rispetto.
Nonostante tutto, la situazione non è senza vie d’uscita: sono tantissimi i giovani che prestano servizio come animatori al Grest; lo scoutismo tiene botta; gli spazi all’aperto non sono deserti… I giovani, insomma, anche se in minor numero ci sono ancora. Forse quelli più difficili da trovare sono gli adulti che abbiano voglia e pazienza per interagire con loro dosando accoglienza e fermezza.
Fra la tribù degli adulti e quella dei giovani è tempo di seppellire l’ascia di guerra. Lasciamo stare il calumet della pace: non siamo sicuri di quel che ci fumerebbero…
don Giorgio Ronzoni, parroco di Santa Sofia (Padova)
e docente di teologia pastorale e catechetica alla Facoltà teologica del Triveneto