Da vedere 2021/05

NOMADLAND

di Cloe Zhao
drammatico, durata 108min

Fern è una sessantenne vedova che ha perso casa e lavoro dopo la crisi finanziaria del nuovo millennio; non si rassegna alla disperazione, carica tutto quello che le resta su un furgoncino e si mette in viaggio lungo le strade americane. La donna trova dei lavoretti stagionali e in ogni area di sosta dove parcheggia la sua casa mobile costruisce un vero e proprio tessuto di comunità. Fern e gli altri come lei si aiutano, si assistono, si scambiano favori, dimostrando di essere prossimi. Appunto, una comunità…

Leone d’oro alla 77a Mostra del Cinema della Biennale di Venezia, vincitore di due Golden Globe e ora vincitore Oscar 2021 come miglior regista e miglior film Nomadland della regista Chloé Zhao, cinese di origini ma di casa a Hollywood, che ha composto un potente racconto sugli ultimi, i dimenticati, senza pietismi o sguardi disperanti. Prende le mosse dal romanzo omonimo di Jessica Bruder, ma si carica anche delle riflessioni della stessa regista Chloé Zhao il film Nomadland. L’autrice, nata a Pechino nel 1982 e formatasi in Inghilterra, si accosta all’ambiente statunitense raccontandone le periferie e la vita negli spazi aperti, costruendo un potente film on the road dalle sfumature del viaggio esistenziale. Protagonista è Fern, una sessantenne vedova che ha perso casa e lavoro dopo la crisi finanziaria del nuovo millennio; Fern non si rassegna e con un furgoncino adibito a casa si sposta lungo la provincia americana in cerca di lavoro, di un nuovo domani. Accanto a lei un popolo di erranti sui camper che si mette in gioco con i lavori più disparati, dalla grande catena di Amazon alle pulizie nelle piazzole di sosta per campeggiatori. Stupisce, e non poco, lo stile poetico e vigoroso che adotta Chloé Zhao, che al suo terzo film dimostra una grande maturità, muovendosi lungo lo stesso binario narrativo dei grandi cantori sociali come Ken Loach, i fratelli Dardenne o Clint Eastwood. L’autrice è capace di cogliere tutta la complessità della periferia americana, tratteggiandone spazi, natura e umanità. Nello specifico, il suo registro è profondamente realistico e asciutto, ma mai disturbante; attraverso il personaggio di Fern ci mostra infatti una comunità di lavoratori, piegati da non poche fatiche e da una povertà che morde il fianco, che non si abbandona però alla disperazione e si sostiene in maniera solidale. Nomadland fotografa bene chi vive ai margini, gli scartati della società odierna, ma lo fa con gentilezza e grande rispetto, marcando la dignità con cui queste persone – e il film poggia anche su “attori” presi dalla strada – vivono la propria esistenza e si battono tenacemente per un possibile domani. Merita una menzione speciale il lavoro interpretativo di Frances McDormand, che occupa la scena per tutto il film, denudandosi di orpelli e mostrando tutto di sé con grande intensità ed espressività. Il suo volto diviene uno specchio che riflette stati d’animo personali ma anche la qualità delle relazioni strette nei viaggi on the road, tutte segnate da empatia e bisogno di prossimità. La McDormand è davvero sorprendente nel puntellare il graduale percorso che compie Fern, che lungo il cammino abbandona zavorre esistenziali e ritrova slancio per rimettersi in gioco. Nomadland è un film potente, bellissimo, segnato da diffusa poesia, che dal punto di vista pastorale è da valutare come raccomandabile, problematico e adatto per dibattiti per una riflessione sul tempo che viviamo e i suoi cambiamenti sociali (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della Cei).