Durante il lockdown ci si è resi conto ancora una volta di quanto sia delicata e fondamentale la missione evangelizzatrice delle famiglie. Più che riflettere su come coinvolgere le famiglie nella catechesi abbiamo compreso di dover assumere la catechesi nelle famiglie. Ma per far questo occorre partire dai loro ritmi e dalle loro risorse vitali, valorizzando ciò che c’è piuttosto che stigmatizzare ciò che manca.
(Ufficio catechistico Nazionale, “Ripartiamo insieme”).
All’inizio di questo anno liturgico, dopo la celebrazione dei sacramenti del compimento del cammino di Iniziazione cristiana, ho incontrato le catechiste e gli accompagnatori dei genitori per vedere come proseguire il cammino di catechesi. Vista la difficoltà di organizzare gli incontri in presenza, sia con i ragazzi che con i genitori, abbiamo pensato di “interrompere” per un anno le attività di catechesi in parrocchia e di offrire ai genitori una maggiore responsabilità nel condividere la fede con i loro figli. Le catechiste e gli accompagnatori hanno cercato di mantenere i legami con i genitori e i ragazzi in maniera molto discreta attraverso i social, invitandoli alla messa domenicale e offrendo qualche stimolo che li aiutasse ad approfondire il loro essere discepoli di Gesù.
Qualche giorno fa ho incontrato dei genitori e ho chiesto loro come stava andando la catechesi in famiglia. Una coppia mi detto:
«Questo tempo apparentemente “vuoto” ci ha dato la possibilità di realizzare un sogno che coltivavamo da un po’ di tempo come famiglia, ma che i numerosi impegni ci impedivano di mettere concretamente in atto. Con i mezzi che avevamo a disposizione e con tutta l’energia e la collaborazione di cui siamo stati capaci, è sorto nel nostro giardino un capitello dedicato a sant’Antonio di Padova, santo a cui la nostra famiglia è devota e affezionata. Lo abbiamo costruito assieme ai nostri figli leggendo con loro la vita di questo santo. Il luogo in cui è sorto il capitello è diventato un punto di riferimento per la nostra famiglia: per un momento di preghiera durante la giornata o prima di uscire in macchina, inoltre con alcuni amici è diventato una nuova opportunità di pregare assieme».
Un’altra coppia, che ha ormai figli adolescenti, mi ha confidato che spesso in famiglia ci sono discussioni anche per quanto riguarda la fede, la partecipazione alla messa, la preghiera… Nonostante questo, la preghiera dell’Angelus, alla domenica con papa Francesco, è diventato un appuntamento fisso per tutta la famiglia. Mi diceva la mamma: «Ascoltiamo volentieri la sua catechesi e se anche non riusciamo a dire l’Angelus in latino, seguiamo lo stesso la preghiera e riceviamo la sua benedizione». E poi ha aggiunto:«Stiamo attraversando un periodo di sofferenza, però assieme cerchiamo di vivere questa situazione alla luce della fede; ci stiamo accorgendo che Dio non ci lascia soli, anzi lo stiamo sentendo più che mai vicino a noi».
Sono due esperienze, secondo me di catechesi in famiglia, che “partono dai loro ritmi e dalle loro risorse vitali” e, aggiungerei, anche “dalle vicende di ogni giorno”.
Certo, questa pandemia ha creato una disorganizzazione mentale, però ha favorito una riorganizzazione nuova, obbedendo non ai nostri soliti schemi, ma agli appelli dello Spirito nella vita delle persone. Scrive Enzo Biemmi:
«abbiamo bisogno di disordine, di una pastorale più leggera, che non si lasci sequestrare tutte le energie dai programmi, ma che sappia servire la vita che lo Spirito sta facendo germogliare nel cuore degli uomini e delle donne di oggi».
Don Francesco Fabris Talpo, arciprete di Selvazzano Dentro