Il dialogo del cristianesimo con le altre religioni non è un corollario della missione della Chiesa, ma un suo elemento essenziale, poiché la Chiesa è chiamata a essere segno e strumento dell’unità della famiglia umana. E non è possibile l’unità della famiglia umana senza il dialogo tra le religioni, costituendo queste ancora il tessuto profondo dei popoli.
Leggevo in un articolo di Ernesto Galli della Loggia (Corriere della Sera, 29 dicembre scorso) che il pontificato attuale è troppo sbilanciato verso questioni sociali e il dialogo tra le religioni, mentre appare quasi assolutamente silente sulla crisi del cristianesimo occidentale. A parte il tono molto critico, che non ho proprio compreso in un accademico, penso che l’articolo interpreti un pensiero diffuso, secondo cui ci vorrebbe in Europa una fede più identitaria e più concentrata su se stessa. Non penso che un ragionamento del genere rispecchi la natura del cristianesimo (e della Chiesa cattolica). Denota, piuttosto, una certa immaturità di fede, timorosa del confronto, ed evidenzia la presunzione che il cristianesimo dell’Occidente possa reggersi senza dialogare con le forme cristiane e religiose di altri continenti.
Abbiamo molto da imparare da altri contesti e religioni. Gesù nei Vangeli rimane spesso sorpreso dalla fede di persone non ebree. Ciò che mi ha colpito di più – durante un soggiorno in India e Thailandia, paesi dell’induismo e buddismo – è il profondo senso del sacro e la straordinaria ospitalità. Qualità che il cristianesimo occidentale ha perduto e senza le quali farà fatica a riprendere.
Nostra Aetate (un breve ma intenso testo del Vaticano II) recita: «nell’induismo gli uomini scrutano il mistero divino e lo esprimono con la inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia; cercano la liberazione dalle angosce della nostra condizione sia attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza. Nel buddismo, secondo le sue varie scuole, viene riconosciuta la radicale insufficienza di questo mondo mutevole». Le religioni sono, in virtù della stessa origine di tutti gli uomini da Dio, il linguaggio che permette agli uomini di comprendersi tra loro e prepara l’incontro con la rivelazione cristiana.
Papa Francesco in Fratelli tutti dedica un capitolo intero, l’ottavo, a questo tema: “Le religioni a servizio della fraternità nel mondo”. Afferma che la Chiesa “apprezza” l’azione di Dio nelle altre religioni, riconosce il ruolo prezioso di ogni religione per costruire la fraternità, senza timore di testimoniare che il Vangelo di Cristo rimane la sorgente prima della fraternità.
Il grande intento di dialogo si scontra con persecuzioni e violenze in nome di Dio: nel passato e nel presente. Ma dobbiamo chiederci: quanto di religioso c’è nel legame aberrante tra religione e violenza? Nella maggioranza dei casi le motivazioni sono politiche ed economiche. Dio non c’entra nulla. Penso che il dialogo tra le religioni possa avere l’effetto non solo di costruire legami di fraternità ma anche di purificare la memoria e la comprensione del proprio Dio.
don Andrea Toniolo, preside della Facoltà teologica del Triveneto e docente di teologia fondamentale