IL CAMPIONE
di Leonardo D’Agostini
drammatico, durata 105min
Christian Ferro è un giovanissimo campione che vive nel lusso circondato da fan adoranti. La sua carriera, però, è messa a repentaglio dal carattere iracondo e dalle bravate a cui si abbandona. Stanco della situazione, il presidente della Roma gli dà un ultimatum: se vuole continuare a giocare deve superare l’esame di maturità. Per seguirlo negli studi viene assunto il professor Vittorio Fioretti…
Nel centro sportivo di Trigoria s’intrecciano le vite di due personaggi quasi agli antipodi: Christian Ferro, ragazzo di borgata, che vive nel lusso ed è circondato da falsi amici e approfittatori, primo fra tutti suo padre, ecclissatosi quando lui era piccolo e ricomparso ora per vivere alle sue spalle. Dall’altra il professore Valerio Fioretti, ex professore di liceo che non s’interessa di calcio e nasconde un grande dolore. Il rapporto tra i due all’inizio è difficile: Valerio non riesce a coinvolgere Christian nello studio e sta per gettare la spugna quando, scoprendo uno schema di gioco scritto dall’allenatore della squadra, capisce che deve cambiare metodo e costruisce le sue lezioni come fossero uno schema di gioco. Christian, dal canto suo, si lascia sempre più coinvolgere nello studio ed entra sempre più in sintonia con il professore, fino a scoprire la tragedia che gli ha stravolto la vita e che lui non riesce a metabolizzare (la morte del figlio a quattro anni). Punto di svolta per il giovane campione è l’incontro con Alessia, una sua amica d’infanzia, studentessa di medicina, alla quale Christian si lega perché capace di restituirgli quella “normalità” nei rapporti che a lui manca. Alla fine Christian e Valerio, sapranno affrontare, ciascuno, il proprio esame. Dal punto di vista pastorale il film è da considerare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della CEI).
IL PROFESSORE CAMBIA SCUOLA
di Olivier Ayache-Vidal
commedia, 106min
Insegnante in un prestigioso liceo di Parigi, Francois Foucalt vuole fare bella figura agli occhi di una funzionaria del ministero. Si lascia così andare ad alcune dichiarazioni che risultano però intempestive e lo mettono nella condizione di accettare il trasferimento in una scuola della periferia cittadina. Per Francois comincia una nuova vita…
Al centro del racconto c’è Francois Foucault, che quasi controvoglia si trova a passare dalla realtà cittadina a quella della periferia, un mondo per lui del tutto sconosciuto. Quelli che Francois si trova di fronte sono ragazzi inevitabilmente abituati a modi poco formali e per niente convenzionali, a parole e atteggiamenti che richiedono la risposta giusta e non dichiarazioni di ostilità. Insomma Francois (dietro al quale è facile intravedere il regista stesso), arriva per trasferire in quel territorio “nuovo” il suo stesso metodo educativo, ma capirà a sua spese che una stessa pedagogia non va bene per ogni caso. Anzi bisogna trovarne di nuove, e il punto giusto emerge solo dopo una forte condivisione fatta di dialogo, ascolto, scambio di opinioni. È interessante sentire direttamente il regista: «Volevo essere realistico, non per avvicinarmi al documentario, ma per rafforzare la finzione. A contatto con gli studenti, mi è stato chiaro da subito che erano gli unici in grado di trasferire le loro parole sullo schermo e che nessuno meglio di loro avrebbe potuto incarnare quei personaggi… Pertanto, solo i ruoli principali della sceneggiatura sono stati interpretati da attori professionisti (…)». Nell’insieme riuscito e scorrevole. Dal punto di vista pastorale è da valutare come consigliabile, problematico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della CEI).
LE INVISIBILI
di Louis-Julien Petit
drammatico, 106min
A Parigi, il Comune decide di chiudere l’Envoi, centro diurno che fornisce assistenza alle donne senza fissa dimora. Allora quattro assistenti si fanno carico di cercare una soluzione per tutte le abitanti del centro a rischio di finire in mezzo ad una strada…
Il cinema della “realtà” si impone con rinnovato vigore. Il film parla di tutta quella folla anonima che vive in modo precario e in modo altrettanto difficile trascorre la giornata, avendo anche da gestire la notte. Alle spalle c’è il lavoro sul campo della vera Claire Lajeunie, che ha dedicato un libro e un documentario alle donne senza dimora. Spunto di “verità” al quale si affianca una fotografia altrettanto vigorosa delle assistenti sociali e volontarie che rappresentano una sorta di altra parte, di persona che tratta dal vivo i problemi ma non ha la sicurezza di risolverli. Riguardo alla messa in scena, «Ho capito – dice il regista Louis-Julien Petit – che un genere come la commedia sarebbe stata la scelta migliore per raccontare la storia di queste donne. Volevo fare un film luminoso, pieno di speranza e focalizzato sulla coesione del gruppo, sul modo in cui ci si aiuta reciprocamente per fronteggiare le avversità”. Scelta forse valida ma non sempre riuscita, a dire il vero. In qualche passaggio il dialogo tra le donne si infittisce fino all’esasperazione. Molte parole, molto chiacchiericcio, molta tensione come segno di perdita di tempo. Un momento nel quale la drammaticità dei problemi si stempera in una grazia emotiva imprevista e non sempre conseguente. Le donne, sia le “bisognose” sia le “insegnanti”, passano momenti di dolore e di tristezza, talvolta bilanciati da felicità e affetti. Ma nell’insieme, il tono risulta forse un po’ frammentario. Resta l’importanza certa di portare in primo piano un argomento più che mai attuale. Un film del tutto “necessario”. Dal punto di vista pastorale, il film è da valutare come complesso, problematico e adatto per dibattiti (dal giudizio della Commissione nazionale valutazione film della CEI).