«Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto quello che lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita (…). Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza» (Christus vivit 1-2).
Queste prime parole dell’esortazione rivolta dal Papa ai giovani e a tutto il popolo di Dio, scritta dopo il sinodo dell’anno scorso, sembrano fare da eco all’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus. Anch’essi infatti affermano, riportando le parole delle donne, che «Egli è vivo»; e l’incontro con il Risorto, che li va a cercare mentre si allontanano tristi da Gerusalemme, ha la capacità di donare loro forza e speranza.
Però c’è un dettaglio non indifferente: i due discepoli non riconoscono subito Gesù; ci vogliono undici chilometri di strada insieme e poi l’essere seduti a mensa; solo allora i loro occhi si aprono; allora lo riconoscono e ritornano a portare la gioia del Signore risorto a tutti gli altri che erano rimasti a Gerusalemme. Come Maria di Magdala, anch’essi stanno insieme a Gesù risorto, ma in un primo momento non lo riconoscono. A quanto pare, non basta l’esperienza del Risorto; serve saper leggere tale esperienza, per riconoscere il Signore.
I Vangeli ci indicano due vie per imparare a riconoscere il Signore.
La prima ci è insegnata dalla Maddalena ed è la familiarità con Gesù. Al sepolcro incontra due angeli e si mette a parlare con loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto»; notiamo l’aggettivo mio, che dice un rapporto stretto, quella confidenza che nasce da un legame profondo. E, infatti, quando poi incontra Gesù, lo riconosce nel momento in cui lui la chiama per nome: «Maria». Dice l’evangelista Luca che Maria era con Gesù fin dall’inizio, quando ancora era in Galilea. È abituata a sentire la voce del Maestro che la chiama per nome, e ora capisce subito che è lui, non appena dice «Maria». Anche i due discepoli di Emmaus riconoscono Gesù quando compie un gesto noto: spezza il pane; l’evangelista è accurato nel ripetere gli stessi verbi già usati per l’ultima cena e per la moltiplicazione dei pani e dei pesci: riconoscono Gesù quando lo vedono compiere un gesto che già gli avevano visto fare.
La seconda via ci è indicata dai due discepoli di Emmaus e dal brano che segue, con cui si conclude il Vangelo secondo Luca. In entrambi i casi c’è una lunga “catechesi biblica” di Gesù. Per molti chilometri, «cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro», cioè ai due in cammino verso Emmaus, «spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui». E poi, dopo che nel cenacolo si è presentato e ha mangiato del pesce arrostito davanti a tutti i discepoli e le donne là riuniti, Gesù «aprì loro la mente per comprendere le Scritture». La lettura, lo studio, la meditazione della Bibbia aiuta a riconoscere Gesù risorto, che cammina con noi ogni giorno. Scrive André Louf: «Nella tradizione patristica greca è detto che la Parola rende il lettore dioratikòs, letteralmente “che sa guardare attraverso le cose, che è in grado di discernere” (…). La frequentazione assidua della Parola dà al credente una sensibilità nuova (…), una sensibilità interiore “accordata” con lo Spirito Santo» (Discernimento: scegliere la vita, pp. 19-20).
«Il Signore cammina con noi»: è il titolo di un libro sui Sacramenti con cui molti abbiamo studiato, in Seminario; l’aveva scritto don Roberto Tura. Prende spunto dall’inizio dei discepoli di Emmaus: «Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro». In mille modi Gesù cammina con noi, ogni giorno della nostra vita; tocca a noi esercitarci a riconoscerlo.
don Carlo Broccardo, docente di Sacra Scrittura, Fttr e Issr di Padova