Se la liturgia non è fatta dentro l’opera del creato – proprio perché il Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14) – e se nella stessa azione liturgica il corpo dell’uomo non sta nel rito, la liturgia cessa di essere un’actio, diventando un’onesta e santa meditazione sulle “cose di Dio” che presto stanca – perché il rito è di natura sua ripetizione – e, in conseguenza di ciò, allontana i credenti. Questi allora cercano riparo laddove si agisce ritualmente: i riti, infatti, generano uno spazio e un tempo santo, razionalmente poco descrivibile, ma attraverso il quale Dio invisibilmente si fa protagonista di questo incontro. Smarrendo la forza del rito cristiano, fatto della carne dell’uomo, “altri riti” hanno rapito il nostro spazio, regalandolo a spazi pagani camuffati da santi!
Ne faccio una litania sparsa, circoscritta e un po’ sfrontata…
Passare con il corpo attraverso la porta delle pecore (cfr. Gv 10,7)… o applaudire alla festa del bambino nel giorno del suo welcome nella Chiesa cattolica?
La Santa Madre Chiesa immerge-lava-profuma-nutre il corpo (Battesimo-Cresima-Eucaristia)… o offre delle tappe di formazione?
Immergere il corpo nella vasca–tomba, nell’apnea… o bagnare-lavare la testa nell’acquasantiera con la conchiglietta?
Profumare il corpo della Carità di Cristo… o strisciare un batuffolino?
Spogliare il corpo dell’uomo vecchio e rivestirlo delle vesti candide lavate nel sangue dell’Agnello … o posare il vestitino bianco (con i disegnini naif) su un “bambolotto già bianco”?
Unti nel corpo per divenire dinanzi a Dio il profumo di Cristo (cfr. 2Cor 2,15), figli amati dal Padre, neofiti (pianticelle) cioè bambini appena nati che bramano il puro latte spirituale (cfr. 1Pt 2,2)… o fondazione del “gruppo post-cresima” dei soldati-crociati-testimoni-maturi che hanno fatto una scelta, pseudo-adulta nella fede, senza che nessuno li prenda per mano (mistagogia)?
Anzitutto mangiare e bere… o dimenticare il grido vano del Messale di comunicare tutti (ci vuole troppo tempo!) al Corpo e al Sangue di Cristo?
Mangiare e bere pane azzimo e vino… o dare pane “spiritualizzato” (prossimo all’inconsistenza immateriale) e riservare il vino al “corpo del clero”?
Unificati (cioè Corpo di Cristo) nell’azione ecclesiale della fractio e del “versamento”… o pane che non si frange per tutti (già particulæ pronte e comode!) e vino che non si versa per nessuno?
Ostinata-domenicale processione con le oblate per il sacrificio eucaristico e con il cibo, i vestiti e il danaro per i poveri… o predichetta quaresimale della solidarietà-solidal-solidale?
Imporre sul capo la mano, celebrando le parole di Dio della misericordia come padre (segno del Padre celeste) che dice al figlio (che ascolta) l’historia salutis dell’amore di Dio (mai stanco di perdonare chi è pentito)… o pronunziare una formula di assoluzione?
Epifania della contrizione del cuore attraverso il corpo (le ceneri imposte sul capo, l’inizio di un solenne digiuno dal cibo di tutta la Chiesa, la carità fattiva verso i poveri, il pellegrinaggio, cammino verso la salvezza)… o “dica una preghiera”?
Morte di un corpo, silenzio nel mistero del dolore, parole e canti solo di croce e risurrezione, suoni di salmi e di Parola rivelata… o ricordando le attività esemplari del carissimo estinto?
Liturgia stazionale domi, in ecclesia, in cœmiterio… o delega ad altri della sepoltura del corpo, non celebrata per schizzinosa-scelta-pastorale di un rito a pezzi (“solo la Messa”!) «perché se no si perde tutta la giornata…»?
Evangelizzare le nuove prassi della cremazione dei cadaveri con una neonata ritualità (certo alle prime armi!) che evangelizzi i gesti con i gesti… o salutare alle porte della chiesa perché altri – più scaltri dei figli della luce – rubino il gregge del Buon Pastore?
Coprire il corpo con il Vangelo di tutti, illuminarlo con il cero dell’ultima Pasqua, profumarlo di Cristo, portarlo in silenzio alla terra donde fu tratto… o parcheggiarlo col “carrello” – con “ceste di dolore e grappoli d’amore” – sommerso di avanzi di “fiori misti” e coccarde “piene di condoglianze”, di sciarpe e peluche, alla luce giallastra del tubo di plastica con le decalcomanie, per poi correre alla ruspa rumorosa di cui nessuno obietta?
don Gianandrea Di Donna, Ufficio per la Liturgia
Nella foto: Il corpo di Cristo in croce di Giovanni Manna in G. Clima, G. Manna, Ho visto un re passare (c) Edizioni San Paolo 2011